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L'INSTABILITÀ DI GOVERNO IN ITALIA

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

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Introduzione

In un noto contributo sul tema della stabilità governativa pubblicato una quindicina d'anni orsono M. Taylor e V. Herman esprimevano incertezza sul significato della capacità di persistenza dei ministeri, asserendo la necessità di «un ampio studio empirico prima di poter dire che la stabilità governativa è indicatore di una qualsiasi cosa». In tal modo gli autori intendevano prendere le distanze da un assunto largamente diffuso nella letteratura specialistica sull'argomento, secondo cui la capacità di durata dell'esecutivo è legata significativamente al rendimento del sistema politico e, più in generale, alla stabilità del regime. Benché l'assunto in questione compaia, esplicitamente o implicitamente, anche in alcuni dei più recenti studi sulla stabilità ministeriale, restano comunque dubbi — in assenza dell'analisi empirica suggerita da Taylor e Herman — circa i legami intercorrenti tra persistenza del governo e performance del sistema, e non è mancato chi, nell'ambito della disciplina, di tali dubbi si è fatto portavoce. Sartori, per esempio, ha negato in diverse occasioni che un governo stabile (nel senso di duraturo) possa per ciò stesso essere considerato efficiente: «un esecutivo può durare (essere stabile) nell'immobilismo, e anzi durare proprio perché non si muove e non smuove le acque». A questa critica, di natura essenzialmente logica, si aggiunge ora quella — fondata empiricamente — di A. Lijphart, che utilizza dati tratti dal caso francese (IV Repubblica) e da quello nord-irlandese per contestare la tesi secondo cui «la capacità di durata dell'esecutivo è un buon indicatore dell'efficacia del governo e della stabilità del regime democratico». Il punto è quindi tutt'altro che chiarito, e di conseguenza non può sottrarsi all'attenzione dello studioso anche quando l'oggetto d'analisi viene affrontato da un'altra angolatura. Nel nostro caso va detto che indagare sul significato della stabilità o instabilità dell'esecutivo non costituisce l'obiettivo che ci si è proposti qui; tuttavia, data la salienza di questo aspetto del problema per il senso complessivo del lavoro, esso sarà oggetto di una breve trattazione nella parte conclusiva dell'esposizione.

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References

1 Taylor, M. - Herman, V. M., Party Systems and Government Stability , in «American Political Science Review», LXV (1971); trad. it. in Fisichella, D. (a cura di), Partiti e gruppi di pressione, Bologna, Il Mulino, 1972, pp. 225–6.Google Scholar

2 Cfr. per es. Blondel, J., Partys Systems and Patterns of Government in Western Democracies , in «Canadian Journal of Political Science», I (1968), p. 191; e, più recentemente, Dodd, L.C., Coalitions in Parliamentary Government, Princeton, Princeton University Press, 1976, pp. 229 ss. La durata del governo occupa un ruolo significativo anche in taluni approcci al problema del rendimento politico. Compare per esempio, come dimensione della più generale «efficacia decisionale», nell'accostamento teorico di Eckstein, H., The Evaluation of Political Performance: Problems and Dimensions, Sage Professional Papers 01017, 1971; ed è presente anche in Powell, G.B., Party Systems and Political System Performance: Voting Participation, Government Stability and Mass Violence in Contemporary Democracies, in «American Political Science Review», LXXV (1981), pp. 861-79. Per un tentativo di operazionalizzazione dello schema di Eckstein si veda Gurr, T. R. - McLelland, M., Political Performance: A Twelve Nation Study, Sage Professional Papers 01018, 1971.Google Scholar

3 Sartori, G., Frammentazione, polarizzazione e competizione: democrazie facili e difficili , in Teoria dei partiti e caso italiano , Milano, SugarCo, 1982, p. 287.Google Scholar

4 Lijphart, A., A Note on the Meaning of Cabinet Durability , in «Comparative Political Studies», XVII (1984), pp. 163–66.Google Scholar

5 Tra i numerosi lavori in cui la durata in carica è utilizzata come indicatore della stabilità governativa segnalo: Blondel, J., Party Systems and Patterns of Government in Western Democracies , cit.; Taylor, M. - Herman, M. V., Party Systems and Government Stability, cit.; Daalder, H., Governi e sistemi di partito in dieci piccole democrazie europee, in «Rivista italiana di scienza politica», I (1971), pp. 271–96; Dodd, L.C., op. cit ; Warwick, P., The Durability of Coalition Governments in Parliamentary Democracies, in «Comparative Political Studies», XI (1979), pp. 465-98, tutti in chiave comparativa. La medesima impostazione compare peraltro in alcuni case studies. Cfr. per es. Macridis, R.C., Cabinet Instability in the Fourth Republic, in «The Journal of Politics», XIV (1959), pp. 643-58.Google Scholar

6 Non sono molti, a dire il vero, coloro che si sono occupati dell'analisi empirica della stabilità/instabilità governativa con riguardo al caso italiano. Tra questi utilizzano i dati relativi alla durata in carica P.A. Allum, Anatomia di una repubblica, Milano, Feltrinelli, 1976, e Pasquino, G., Per un'analisi delle coalizioni di governo in Italia , in Parisi, A. - Pasquino, G. (a cura di), Continuità e mutamento elettorale in Italia , Bologna, Il Mulino, 1977, pp. 251–79. Il saggio di Pasquino contiene interessanti considerazioni circa il nesso intercorrente tra l'instabilità di governo e il ricorso alla formazione di ministeri «monocolore».Google Scholar

7 Per la prima posizione si veda, per esempio, Pappalardo, A., Requisiti per la stabilità delle coalizioni , in «Rivista italiana di scienza politica», VI (1976), p. 68. Per la seconda Hurwitz, L., Contemporary Approaches to Political Stability, in «Comparative Politics», V (1973), pp. 449-55; cfr. anche, dello stesso autore, An Index of Democratic Political Stability: A Methodological Note, in «Comparative Political Studies», IV (1971), pp. 41-68.Google Scholar

8 Cfr. per esempio l'indice di persistenza del governo costruito da Hurwitz, L., An Index of Democratic Political Stability , cit., p. 44 e ss.Google Scholar

9 Per alcune critiche all'impostazione di Hurwitz rimando ad Pappalardo, A., Requisiti per la stabilità delle coalizioni , cit., p. 68.Google Scholar

10 Il mio interesse è appuntato qui sulla stabilità del governo nel suo complesso, del governo-istituzione. Ovviamente vi sono altre dimensioni della stabilità dell'esecutivo che possono costituire oggetto d'indagine: il grado di stabilità o persistenza dei partiti al governo, o del personale ministeriale. Su quest'ultimo aspetto, e con riguardo al sistema politico italiano, segnalo Calise, M. - Mannheimer, R., Governanti in Italia , Bologna, Il Mulino, 1982.Google Scholar

11 Vale a dire nella pienezza dei propri poteri costituzionali. È noto infatti che — data la centralità della funzione esecutiva nei moderni sistemi politici — non si dà mai (salvo in casi estremi) la situazione della reale assenza di un governo. Un ministero dimissionario resta comunque in carica per la gestione degli affari correnti fino alla formale entrata in carica del ministero successivo.Google Scholar

12 L'importanza del non-governo come indicatore di instabilità è segnalata per esempio da Mayer, L.C., Party Systems and Cabinet Stability , in Merkl, P.H. (ed.), Western European Party Systems , New York, The Free Press, 1980, pp. 335–47.Google Scholar

13 Va sottolineato che i due indicatori (e le due dimensioni della stabilità cui si riferiscono) non appaiono, almeno in via preliminare, tra loro connessi. In altre parole, è ipotizzabile il caso in cui i due parametri forniscano, riguardo allo stesso periodo di tempo, indicazioni opposte in termini di (in)stabilità. Essi pertanto vengono utilizzati congiuntamente, ma in modo del tutto indipendente l'uno dall'altro.Google Scholar

14 Per un'analisi delle cause che possono favorire od ostacolare il manifestarsi del conflitto all'interno delle coalizioni di governo cfr. Pappalardo, A., Requisiti per la stabilità delle coalizioni , cit.Google Scholar

15 Al riguardo è però necessaria una precisazione relativa all'accezione in cui il concetto di conflitto è qui impiegato. Di per sé, infatti, ogni fase di crisi dell'esecutivo implica l'esistenza di conflitto (almeno allo stadio potenziale, e al grado minimo dell'antagonismo delle volontà) tra gli attori politici che agiscono in vista della rinegoziazione della collaborazione di governo. Di conseguenza, nella distinzione tra le motivazioni conflittuali e quelle non conflittuali nella determinazione della caduta dei ministeri, il criterio è costituito dalla manifestazione del conflitto tra le volontà attuali degli attori politici facenti parte della coalizione di governo, conflitto che si esplica nel ritiro unilaterale della collaborazione di governo da parte di uno o più dei partiti che vi partecipano.Google Scholar

16 Blondel, J., Party Systems and Patterns of Government in Western Democracies , cit.Google Scholar

17 Hurwitz, L., An Index of Democratic Political Stability , cit.Google Scholar

18 Powell, G.B., Contemporary Democracies: Partecipation, Stability, Violence , Cambridge, Harvard University Press, 1982, cap. 7.Google Scholar

19 Comunque, data l'esiguità dei casi osservati si impone una nota di cautela nella interpretazione dei dati. Basterà dire al riguardo che le connessioni individuate non possono essere definite «forti» e vanno assunte soltanto come indicative.Google Scholar

20 La fase del centrismo comprende le prime due legislature e la prima parte della terza, e quindi abbraccia, grosso modo, gli anni dal 1948 al 1960 e i ministeri dal V° governo De Gasperi al governo Tambroni (inclusi). I due ministeri che sono immediatamente successivi (il III° e il IV° governo Fanfani) — per quanto non siano normalmente considerati di centro-sinistra — sono i primi dopo il 18 aprile che possono contare sul sostegno in parlamento del PSI, e pertanto sono stati inclusi nella seconda fase. Per la stessa ragione — la presenza di una maggioranza, se non di un governo, di centro-sinistra — vengono compresi nella fase i due ministeri presieduti da Moro tra il 1974 e il 1976. La terza fase comprende la settima, l'ottava e la parte finora trascorsa della nona legislatura. Essa non si definisce sulla base di una singola maggioranza di governo: vi sono inclusi i ministeri della cosiddetta «solidarietà nazionale» e i successivi governi a maggioranza pentapartitica fino al I° ministero Craxi (incluso).Google Scholar

21 Si potrebbe obiettare che il V° e il VI° ministero De Gasperi sono caduti di fronte al ritiro della collaborazione di governo, rispettivamente, del PLI e del PSDI. Tuttavia ho ritenuto di poter considerare come non conflittuali le dimissioni dei due governi in quanto non si è trattato di effettivo ritiro del sostegno al ministero; i due partiti citati hanno semplicemente ritirato i propri rappresentanti in seno al governo, continuando a far parte della maggioranza parlamentare. L'apertura della crisi è stata, in entrambi i casi, il frutto di una decisione unilaterale del Presidente del Consiglio.Google Scholar

22 Per la nozione di sistema politico semi-legittimo, definito come quel sistema in cui «la credenza nella legittimità (del sistema stesso) è condivisa soltanto dalla parte dei gruppi dirigenti e dei gruppi politici che predominano in modo relativamente stabile», cfr. Stoppino, M., Potere politico e stato , Milano, Giuffrè, 1968, p. 217; ora in Potere e teoria politica, Genova, ECIG, 1982, p. 246.Google Scholar

23 Sul sistema partitico italiano sono note le tesi di Giorgio Galli e di Giovanni Sartori che ne fanno risalire il funzionamento, rispettivamente, alla sua natura di «bipartitismo imperfetto» e al modello del «pluralismo polarizzato». Cfr. Galli, G., Il bipartitismo imperfetto , Bologna, Il Mulino, 1966; Sartori, G., Bipartitismo imperfetto o pluralismo polarizzato?, in «Tempi moderni», (1967), pp 4-34. Sul modello del pluralismo polarizzato e sulla sua applicabilità al caso italiano Sartori è tornato più volte in questi anni. Si vedano al riguardo i saggi raccolti in Teoria dei partiti e caso italiano, cit.Google Scholar

24 Il processo della legittimazione di attori anti-sistema implica una parziale ma sostanziale correzione del modello del pluralismo polarizzato, in quanto mostra che un sistema polarizzato è caratterizzato costitutivamente non soltanto da spinte centrifughe, ma anche da tendenze centripete. Sul punto si veda Stoppino, M., Comportamento elettorale e sistema partitico , in Goio, F. - Maggioni, G. - Stoppino, M., Il comportamento elettorale in Lombardia (1946-80) , Firenze, Le Monnier, 1983.Google Scholar

25 Soluzione, peraltro, politicamente improponibile, come dimostra il fallimento del ministero cosiddetto «Andreotti-Malagodi» costituito all'indomani delle elezioni politiche anticipate del 1972.Google Scholar

26 Se accettiamo provvisoriamente questa seconda ipotesi allora possiamo considerare chiusa la V° fase in corrispondenza delle elezioni politiche del 1983. In tal caso il periodo precedente (IV° e V° fase) si configura come una fase particolarmente laboriosa in cui prendono forma prima la crisi e la decomposizione del centro-sinistra (1968-76) e poi una lunga fase esplorativa (1976-83) che apre la strada alla nuova maggioranza del cosiddetto pentapartito.Google Scholar

Le conseguenze che derivano dall'adozione di questa prospettiva sui dati relativi alla durata in carica dei governi sono illustrate dal percorso tratteggiato della figura 1.Google Scholar

27 La nozione di definizione operazionale che impiego qui è quella di Sartori, G., La politica: logica e metodo in scienze sociali , Milano, SugarCo, 1979.Google Scholar

28 Lijphart, A., A Note on the Meaning of Cabinet Stability , cit.Google Scholar

29 Per il concetto di rendimento politico (political performance), oltre ai lavori citati alla nota 2), si possono utilmente vedere Dahl, R.A., The Evaluation of Political Systems , in De Sola Pool, I. (ed.), Contemporary Political Science: Toward Empirical Theory , New York, McGraw-Hill, 1967, pp. 166–81; e Deutsch, K.W., Politics and Government: How People Decide Their Fate, Boston, Houghton Mifflin, 1970, Cap. 9, pp. 196-223.Google Scholar

30 Bracher, K.D., Problems of Parliamentary Democracy in Europe , in Hirsh, H. - Hancock, M. D. (eds.), Comparative Legislative Systems , New York, The Free Press, 1971, p. 354.Google Scholar

31 Nel caso della IV repubblica francese taluni autori hanno intravisto una sorta di attività di «supplenza» svolta dall'apparato burocratico che ha consentito di conservare un certo grado di stabilità e rendimento del sistema anche a fronte di un'elevata instabilità ministeriale. Cfr. Siegfried, A., Stable Instability in France , in «Foreign Affairs», XXXIV (1956), pp. 394404.Google Scholar

32 Lijphart, A.: A Note on the Meaning of Cabinet Durability , cit.Google Scholar

33 Sul problema della forza/debolezza delle istituzioni politiche il riferimento d'obbligo è a Huntington, S.P., Ordinamento politico e mutamento sociale , Milano, Angeli, 1975.Google Scholar

34 L'ambito tipologico di riferimento della tesi di Lijphart è quello dei sistemi parlamentari, dove l'esecutivo si regge sul voto di fiducia del parlamento.Google Scholar