1. An analysis of the meaning of the terms aedes, templum, delubrum, fanum, sacrarium, lucus: even if these terms are often interchangeable, the precise meaning of each can be established. 2. On the basis of the original meaning of templum (a ritually delimited space), it is proposed to apply this term to the platform with the aedes of Fortuna and of Mater Matuta, the ‘area sacra di S. Omobono’, and also to the ‘podium’ of the temple of the Capitoline triad. A typological comparison may also be made between these two templa, which were perhaps constructed at almost the same time. 3. The typology of the temple inside an area bounded by a portico may also be referred to the templum. The numerous variants of this typology are examined. 4. After a consideration of templum in its more specific sense of locus augurii aut auspicii causa definitus, the two auguracula—on the arx and the collis Latiaris—are examined in particular, and new identifications are proposed for them. 5. The term lucus raises the question of extra-urban cult sites. A scheme of classification is proposed: shrines of purely local importance, and sanctuaries repeating city cults in more distant sites (political motivation may be detected). For cult sites very close to the city the problem is more complex, involving in part the pomerium, evocatio, and the introduction of foreign cults.

L'articolo contiene la prima parte di un resoconto provvisorio sulla recente opera di scavo a Fregellae da parte di un gruppo di archeologi inglesi. Dopo una breve introduzione sulla storia della colonia e sullo sviluppo degli scavi, l'articolo tratta dell'area del santuario e delle mura della cittá. Ne emerge che il complesso monumentale del santuario fu forse costruito nel secondo quarto del II secolo a.C. e distrutto nel 125 d.C. Viene anche dimostrato che almeno una parte delle mura della cittá fu costruita per la prima volta durante la seconda Guerra Punica.

The article examines the population of the territory of Veii in the republican period. While the Roman conquest does not seem to have radically changed the Etruscan settlement pattern, perhaps leaving some of the former inhabitants on their lands, a much more serious break is detectable in the second century B.C., when there seems to have been a major economic and demographic crisis. This is not an isolated phenomenon, but one common to the territory along the Tiber, the west of Latium and the neighbourhood of Rome; it must be due to the upheavals initiated by the second Punic war and the unbalance caused in the region by the enormous political, demographic and economic growth of Rome. The late-republican territory of Veii looks like a depressed area, and shows no traces of the villa system of agricultural exploitation until the Augustan period.

Delia famiglia dei Servilii Gemini che compare per la prima volta col Console del 252 e del 248 a.C e diventa plebea nella seconda Guerra Punica, l'autore tenta di tracciare la storia fino alia fine della Repubblica e agli inizi dell'età imperiale. Quasi tutti i Servilii plebei possono essere collegati con molta probabilitá a questa famiglia, e anche gli altri, come gli illustri Servilii equestri, possono appartenervi. La storia di questa famiglia é presa come un esempio di diramazione delle famiglie artistocratiche in sub-famiglie con nuovi cognomina e con patrimoni separati. L'autore sottolinea che le testimonianze sono troppo frammentarie per potersene fidare completamente, e dimostra come le spiegazioni « economiche » e prosopografiche che ignorino questo fatto, tendono a causare errori e confusione.

Una pietra miliare scoperta nella valle di Albegna nomina M. Aemilius Scaurus e riporta la distanza per Rome come 91 miglia. Sembra che questa pietra miliare stia a indicare la via Aemilia Scauri, una continuazione della Via Aurelia, che sembra sia stata iniziata de Scaurus nel 115 a.C. e finita nel 109.

Qui è raccolta la testimonianza epigrafica e letteraria circa l'insediamento in Italia di veterani dell'esercito romano tra la morte di Augusto e la fine del I secolo d.C. Rimane ancora da chiarire se Claudio abbia installato veterani in Italia, ma non vi sono dubbi che durante il regno di Nerone veterani furono inviati a Capua e Nocera nel 57 d.C., e a Taranto ed Anzio nel 60 d.C.; sopravvive un gran numero di epitaffi provenienti da ambedue queste cittá. Dopo la guerra civile del 69–70 d.C., Vespasiano spedí i veterani nella sua cittá natale, Rieti, e in altre cittá, molte delle quali giá colonie della Tarda Repubblica. Egli invió veterani della flotta di Misene a Paestum; in questo articolo viene di nuovo prese in esame una lastra commemorativa recentemente pubblicata, che riporta la carriera del tribuno che organizzó l'insediamento. Nonostante le energie spese in questi insediamenti, vi sono poche tracce che essi abbiano avuto un'influenza durevole sulle cittá o sulle campagne circostanti, o che abbiano contribuito in modo significativo a frenare il declino economico dell'Italia.

Il campidoglio di Numlulis fu costruito nel 170 d.C. in una localitá che era, da un punto di vista amministrativo, un pagus dipendente da Cartagine. Lo studio della decorazione (basi, fusti, soffitti ornati di volute e di un fregio di armi, architravi, cornici) permette di fare paragoni con la vicina cittá di Thugga, che é anch'essa un pagus di Cartagine, e con altre regioni della provincia. Si tratta dunque di un aspetto particolare di una ricerca piú generale sui laboratori della Africa Proconsolare e sulla loro ubicazione.

Questo articolo prende in esame l'evoluzione delle pene per reati che comportano la fustigazione, l'essere messo in ceppi, i lavori forzati e, in alcuni casi, la mutilazione, tra il I secolo d.C. e la prima metá del IV secolo. L'articolo esplora l'applicazione o l'esenzione da tali pene in rapporto allo stato sociale, come le persone appartenenti alle classi piú alte (honestiores), le persone libere delle classi piú basse e gli schiavi. In particolare, l'articolo si chiede se l'applicazione di pene a persone libere delle classi piú basse dipendesse dalla dimunizione del numero di schiavi, e di conseguenza fosse un tentativo di passare a una forma di sfruttamento delle persone libere condannate. Uno studio dei diversi contesti amministrativi ed economici nei quali venivano scontate le diverse forme di condanna ai lavori forzati, ci porta alia conclusione che le funzioni economiche di quel tipo di condanna erano molto limitate. I lavori forzati erano ritenuti soprattutto una forma di violenza corporale, paragonabile alle percosse, all'incatenamento e alla mutilazione e quindi appropriata per i condannati di bassa estrazione sociale, sia schiavi che liberi.

Gli scavi e la ricognizione della collina conosciuta come Vacchereccia hanno individuato parte dell'insediamento alto-medievale descritto come Baccaricia nel Chronicon Volturnense. Questi scavi hanno messo in luce molte testimonianze di occupazione sul medio versante della collina, testimonianze che coprono un arco di tempo compreso tra il periodo tardo-Romano e la fine del XII o XIII secolo. Sono stati anche studiati i resti di un villaggio del XIII–XV secolo sulla sommitá della collina, sopra al sito piú antico. Questi scavi gettano una nuova luce sulla storia dell'insediamento rurale nell'Italia centrale e mettono in discussione il punto di vista tradizionale sulla agricoltura dell'Alto Medio Evo nelle proprietá dei grandi monasteri. I risultati pubblicati qui sono frutto della collaborazione tra l'Universitá di Sheffield e la Soprintendenza Archeologica del Molise, una collaborazione che avrá un ulteriore collaudo in altri siti medievali abbandonati nel'Alta Valle del Volturno, nel contesto del Progetto San Vincenzo.

L'argomento di questo articolo é il rapporto tra la cittá commerciale di Ancona e l'imperatore bizantino Manuel Komneno, espresso in una alleanza politico-militare durata dal 1155 al 1173. Si tenta di spiegare ció che una cittá italiana di media grandezza potesse rappresentare per Bisanzio nella sua ampia strategia di confronto con i Normanni di Sicilia e, piú tardi, con l'imperatore germanico Federico Barbarossa. I Bizantini non solo attribuirono grande importanza al loro simbolico « ritorno in Italia », ma usarono Ancona come base strategico-militare e come deposito di grandi quantitativi d'oro, col quale speravano di guadagnare alleati nell'Italia nord-rientale. Col miglioramento dei rapporti coi Normanni, Ancona non perse la sua importanza poiché era anche una leva contro i Veneziani, che Manuel Komneno vedeva con crescente ostilitá. La presenza di Costantino Donkas, dux della Dlmazia, ad Ancona nel 1173, sottolinea l'importanza che Ancona aveva in una piú ampia politica di espansione bizantina nell'Adriatico. Ancona, tuttavia, non fu posta sotto il governo diretto di Bisanzio, ma fu onorata dai Greci come cittá libera che era volontariamente entrata nell'orbita bizantina.