In occasione del convegno di Bari su «Tradizione e novità della filosofia della politica », la mia relazione distingueva quattro significati dell'espressione ‘filosofia politica’: a) ricerca della miglior forma di governo o dell'ottima repubblica; b) ricerca del fondamento dello stato e conseguente giustificazione (o ingiustificazione) dell'obbligo politico; c) ricerca della natura della politica o meglio della politicità, e conseguente distinzione tra politica e morale; d) analisi del linguaggio politico e metodologia della scienza politica.
L' esigenza di questa distinzione nasceva dalla constatazione che alla categoria della filosofia politica si sogliono assegnare opere apparentemente molto diverse come la Repubblica di Platone, il Contratto sociale di Rousseau, e la Filosofia del diritto di Hegel. Recentemente, in seguito a quella che è stata chiamata la svolta linguistica del filosofare, e alla crescente importanza assunta dall’analisi dei fondamenti e dalla metodologia delle varie scienze per opera delle correnti neo-positivistiche, si è fatta strada l’idea che, se di filosofia politica si possa ancora parlare, in un contesto culturale in cui i discorsi sui valori, terreno tradizionalmente riservato ai filosofi, vengono assegnati alle differenti ideologie, questa si risolva tutta quanta nell'analisi dei modi e degli strumenti con cui si fa scienza dei fenomeni politici.