Papa Clemente VI fu uno dei patroni del Petrarca più convinti e più generosi. Udienze frequenti e familiari, incarichi onorevoli, permessi di entrare nella biblioteca che dentro la torre degli angeli stava subito al di sopra dell'appartamento pontificio, apportarono rapidamente e largamente onori, potenti amicizie, possibilità entusiasmanti di studio al cappellano laureato del cardinale Giovanni Colonna. Il quale negli scritti di quegli anni, nei Rerum memorandarum, in alcune lettere Familiari, nelle Invective contra medicum, ripete frequentemente gli elogi del pontefice benevolo: che se spiaceva al moralista di Valchiusa per alcune appariscenti debolezze morali, doveva invece attrarlo con la maestà di alto aristocratico e con le affinità di una intelligenza lucida, di una memoria straordinaria, di un'ampia cultura.
Ma particolarmente questo papa, che fu di una prodigalità pericolosa nell'esaudire le suppliche di sollecitatori, fece piovere sul chierico Petrarca una serie di benefici così redditizi, che gli permisero di liberarsi dalla clientela imbarazzante in casa Colonna e lo resero signore intero delle sue giornate e dei suoi luoghi di dimora. Probabilmente (arrischio un calcolo per il quale non abbiamo ancora chiari tutti gli elementi) solo nel felice decennio di papa Clemente (1342–1352) il Petrarca dispose di tanta ricchezza e di tanta potenza, da far crescere la sua biblioteca con aumenti così rapidi e dentro confini così ampi, che essa diventò già allora la raccolta di testi letterari maggiore di qualsiasi altra riunita nel millennio, o quasi, trascorso dopo la fine dell'impero romano.