Hostname: page-component-8448b6f56d-t5pn6 Total loading time: 0 Render date: 2024-04-23T15:26:32.064Z Has data issue: false hasContentIssue false

COMPETIZIONE ELETTORALE E RENDIMENTO POLITICO: IL CASO ITALIANO

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

Get access

Introduzione

La democrazia liberale è una forma di governo fondata sul pluralismo e sulla competizione politica. Piú precisamente, «è una procedura e/o un meccanismo che a) genera una poliarchia aperta, la cui competizione sul mercato elettorale b) conferisce potere al popolo e c) specificamente induce i governanti alla ricettività verso i governati». Ma a quali condizioni e in che misura questo avviene nel mondo reale? In altre parole, a quali condizioni la competizione elettorale assicura non solo il carattere democratico dei risultati, ma anche — e direi soprattutto — il «buon governo», la ricettività del potere? A livello di teoria empirica della democrazia, queste domande investono il problema del rapporto tra competizione e rendimento dei sistemi di partito. In base a questa logica dobbiamo quindi assumere che il tipo di aggregazione delle domande politiche, le modalità di composizione dei conflitti, la qualità della leadership, vale a dire le diverse componenti del rendimento politico, dipendono, in misura variabile in ogni sistema, anche dalla struttura della competizione elettorale. Mentre in scienza politica l'analisi comparata delle basi sociali del comportamento di voto a livello di massa ha fatto grandi progressi, ne sappiamo molto meno sull'influenza del comportamento elettorale sulla competizione e della competizione sul rendimento politico. Questo saggio si propone di studiare questo argomento mettendo a fuoco da una parte una serie di concetti teorici e dall'altra un modello della competizione elettorale nel sistema partitico italiano.

Type
I sistemi di partito
Copyright
Copyright © Società Italiana di Scienza Politica 

Access options

Get access to the full version of this content by using one of the access options below. (Log in options will check for institutional or personal access. Content may require purchase if you do not have access.)

References

1 Sartori, G., Democrazia competitiva e élites politiche , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», VII (1977), p. 350.Google Scholar

2 Downs, A., An Economic Theory of Democracy, New York, Harper, 1957, cap. 8.Google Scholar

3 Ibid., p. 139.Google Scholar

4 Ibid., p. 139.Google Scholar

5 Questi istogrammi sono tratti dal saggio di Inglehart, R. e Klingemann, H. D., Party Identification, Ideological Preference and the Left-Right Dimension among Western Mass Public , in Budge, I., Crewe, I., Farlie, D. (a cura di), Party Identification and Beyond, Wiley, New York, 1976. A questo proposito si vedano anche i dati del saggio di Sani, G. e Sartori, G., Frammentazione, polarizzazione e cleavages: democrazie facili e difficili, in questo numero della Rivista, pp. 339.Google Scholar

6 Barnes, S. H., Modelli spaziali e l'identificazione partitica dell'elettore italiano , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», I (1971), p. 133.Google Scholar

7 Per una trattazione diversa del problema della linearità dello spazio, si veda Sartori, G., Parties and Party Systems, Cambridge, Cambridge University Press, 1976, cap. 10, spec. pp. 328342.Google Scholar

8 Downs, A., op. cit. , p. 116.Google Scholar

9 Stokes, D. E., Spatials Models of Party Competition , in Campbell, A., Converse, P. E., Miller, W. e Stokes, D. (a cura di), Elections and the Political Order, New York, Wiley, 1966, p. 169.Google Scholar

10 L'uso delle «curve ad una punta» in scienza politica si deve a Duncan Black. Il suo The Theory of Committees and Elections, Cambridge, Cambridge University Press, 1958, è da considerare un classico della disciplina.Google Scholar

11 Si veda Coombs, C., Social Choice and Strenght of Preference , in Thrall, R. M., Coombs, C. H. e Davis, R. L. (a cura di), Decision Processes, New York, Wiley, 1954, pp. 69–86; e A Theory of Data, New York, Wiley, 1964.Google Scholar

12 Esistono altre condizioni formali di omogeneità delle preferenze politiche. Per una rassegna della letteratura in materia si veda Riker, W. H. e Ordeshook, P. C., An Introduction to Positive Political Theory, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1973, cap. 4. Il rapporto tra decisioni collettive e preferenze individuali è ampiamente trattato in D'Alimonte, R., Regola di maggioranza, stabilità e equidistribuzione, in «Rivista Italiana di Scienza Politica», IV (1974), pp. 43105.Google Scholar

13 Downs, A., op. cit. , p. 122.Google Scholar

14 È questa la ragione per cui il concetto di «elasticità dello spazio politico» introdotto da Sartori non convince. La nozione di lunghezza variabile dello spazio politico può servire a salvare l'ipotesi lineare, ma al prezzo di ridurne il potere analitico. Vedi Sartori, G., op. cit. , pp. 343344.Google Scholar

15 Black, D., op. cit. Sul punto si veda anche Arrow, K., Social Choice and Individual Values, New York, Wiley, 1963 2, trad. it. Scelte sociali e preferenze individuali, Milano, Etas, 1977.Google Scholar

16 Per un'analisi di questo concetto si veda Morlino, L., Stabilità, legittimità e efficacia decisionale nei sistemi democratici , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», III (1973), pp. 247316.Google Scholar

17 Il punto verrà sviluppato successivamente.Google Scholar

18 Cfr. Sartori, G., op. cit. , p. 347.Google Scholar

19 Sulla derivazione del concetto di efficienza politica dalla teoria della democrazia debbo rinviare al mio, Sulla Teoria della democrazia competitiva , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», VII (1977), pp. 325. Nelle loro analisi della democrazia Dahl e Sartori utilizzano il concetto di «ricettività». Vedi, Dahl, R., Polyarchy. Participation and Opposition, New Haven, Yale University Press, 1971, e Sartori, G., Democrazia competitiva e élites politiche, cit.Google Scholar

20 Questo è vero assumendo 1) che il fine di partiti ed elettori sia soltanto quello di massimizzare la probabilità di partecipare al governo, e 2) che l'informazione politica relativa alla posizione di partiti ed elettori sia perfetta e non costi nulla. In questo senso parliamo di «condizioni di certezza». Sul punto cfr. Downs, A., op. cit., passim. Google Scholar

21 La nozione di «partito-ricatto» è sviluppata da Sartori, G., op. cit. , p. 123. Sul punto si veda anche Downs, A., op. cit. , pp. 127–132.Google Scholar

22 Vedi D'Alimonte, R., Regola di maggioranza, stabilità e equidistribuzione, cit., p. 69.Google Scholar

23 La formulazione di questa regola si deve a Friedrich, C. J. Vedi il suo Man and His Government: An Empirical Theory of Politics, New-York, McGraw Hill, 1963.Google Scholar

24 Sartori, G., Democrazia competitiva e élites politiche, cit., p. 350.Google Scholar

25 L'argomento è sviluppato piú ampiamente nel mio, Sulla teoria della democrazia competitiva, cit.Google Scholar

26 Sul punto vedi, tra gli altri, Daalder, H., The Netherlands: Oppositions in Western Societies , in Dahl, R. A. (a cura di), Political Oppositions in Western Democracies, New Haven, Yale University Press, 1966; Lijphart, A., Typologies of Democratic Systems, in «Comparative Political Studies», I (1968), pp. 3–44, e Consociational Democracy, in «World Politics», XXI (1969), pp. 207–225; Lorwin, Val, Segmented Pluralism, in «Comparative Politics», III (1971), pp. 141176; Nordlinger, E., Conflict Regulation in Divided Societies, Cambridge, Harvard University, Center for International Affairs, 1972.Google Scholar

27 La nozione di polarizzazione si deve a Sartori, G. Tra i suoi lavori sull'argomento si vedano in particolare: Modelli spaziali di competizione tra i partiti , in «Rassegna Italiana di Sociologia», VI (1965), pp. 729; European Political Parties: The Case of Polarized Pluralism , in La Palombara, J. e Weiner, M. (a cura di), Political Parties and Political Development, Princeton, Princeton University Press, 1966, cap. 5; Rivisitando il pluralismo polarizzato , in Cavazza, F. L. e Graubard, S. (a cura di), Il caso italiano, Milano, Garzanti, 1974, pp. 196–223; e Parties and Party Systems, cit., spec. cap. 6. Una interessante rielaborazione dello schema «sartoriano» è sviluppata da Di Palma, G., Surviving Without Governing: The Italian Parties in Parliament, Berkeley, University of California Press, 1977, cap. 6, trad. it. Sopravvivere senza governare, Bologna, Il Mulino, 1978.Google Scholar

28 Nella letteratura il concetto di immagine è sviluppato molto meno di altri concetti utilizzati per spiegare il comportamento elettorale a livello di massa quali «voto di opinine» e «identificazione partitica». Sul punto si veda l'estesa trattazione di Sartori, G., Parties and Party Systems, cit., pp. 328–334. Sul concetto di identificazione è molto utile il volume di Budge, I., Crewe, I., Farlie, D. (a cura di), Party Identification and Beyond, cit.Google Scholar

29 Sull'importanza di questi meccanismi nel contesto italiano si veda, Sani, G., Canali di comunicazione politica e orientamenti dell'elettorato , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», IV (1974), pp. 371386.Google Scholar

30 Cfr. Sartori, G., op. cit. , p. 328.Google Scholar

31 Sani, G., L'immagine dei partiti nell'elettorato , in Caciagli, M. e Spreafico, A. (a cura di), Un sistema politico alla prova, Bologna, Il Mulino, 1975, p. 111. L'osservazione è probabilmente valida anche in altri contesti.Google Scholar

32 Per l'analisi di questa ipotesi si vedano, tra l'altro, Lipset, S. M. e Rokkan, S. (a cura di), Party Systems and Voter Alignments: Cross-National Perspectives, New York, The Free Press, 1967; Rose, R. e Urwin, D. W., Persistence and Change in Western Party Systems since 1945, in «Political Studies» XVIII (1970), pp. 287319.Google Scholar

33 La Tabella è quella che appare a p. 102 del saggio di Sani, G., L'immagine dei partiti nell'elettorato, cit.Google Scholar

34 Sul punto si vedano le considerazioni di Converse, P. E., Some Priority Variables in Comparative Research , in Rose, R. (a cura di), Electoral Behavior: A Comparative Handbook, New York, The Free Press, 1974, p. 743. Dello stesso autore si veda anche The Problem of Party Distances in Models of Voting Change , in Jennings, M. K. e Zeigler, L. H., (a cura di), The Electoral Process, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1966, pp. 175–207.Google Scholar

35 Il primo di questi termini è stato spesso utilizzato per indicare i partiti dal PLI al PCI, il secondo per indicare i partiti dal PLI al PSI.Google Scholar

36 Questa è la differenza principale tra il mio schema teorico e il modello «sartoriano» del pluralismo polarizzato. Inoltre, il mio schema teorico è imperniato piú sul problema dell'efficienza che su quello della stabilità. È il rapporto polarizzazione-efficienza che mi interessa in particolare mettere in luce.Google Scholar

37 Mi riferisco, naturalmente, al periodo precedente i recenti sviluppi della situazione politica italiana che hanno portato il PCI ad entrare nella maggioranza di governo. La mia analisi, come sarà chiaro in seguito, è comunque basata sulla premessa che la «crisi di legittimità» non sia ancora risolta in Italia. Ne discende che i problemi relativi alla stabilità del sistema politico sollevati da eventuali tendenze centrifughe dell'elettorato mediano sono ancora in una certa misura all'ordine del giorno.Google Scholar

38 Giacomo Sani ha dedicato numerose ricerche al problema delle immagini dei partiti politici italiani a livello di massa. Si vedano in particolare: La strategia del PCI e l'elettorato italiano , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», III (1973), pp. 551–79; Mass Constraints on Political Realignment: Perceptions of Anti-System Parties in Italy, in «British Journal of Political Science», VI (1975), pp. 1–31; Le immagini dei partiti nell'elettorato italiano, cit. Un altro lavoro molto interessante su questo argomento è quello di Alberto Marradi, Immagini di massa della DC e del PCI , in Martinelli, A. e Pasquino, G. (a cura di), La politica nell'Italia che cambia, Milano, Feltrinelli, 1978, pp. 66103.Google Scholar

39 In realtà, è caratterizzata anche da una terza dimensione, quella religiosa. Il punto verrà sviluppato successivamente.Google Scholar

40 Lo stesso discorso naturalmente dovrebbe essere sviluppato anche «a destra» nei confronti del MSI-DN nella misura in cui anche il MSI-DN è percepito come un partito «diverso».Google Scholar

41 L'esclusione degli altri partiti è motivata dal fatto che per quanto mi interessa dimostrare in questa sede tali partiti non sono strettamente necessari.Google Scholar

42 È il dilemma che Indro Montanelli ha colto cosí bene nello slogan «turatevi il naso e votate DC», Il Giornale, 20 giugno 1976.Google Scholar

43 E ora anche nei confronti del PCI, pare.Google Scholar

44 G. Sani ha sottoposto a verifica nel contesto italiano l'ipotesi che gli elettori tendono a votare per i partiti che sentono «piú vicini» alla propria auto-collocazione sulla dimensione sinistra-destra; vedi A Test of the Least-Distance Model of Voting Choice: Italy, 1972 , in «Comparative Political Studies», VII (1974) pp. 193208. Il modello utilizzato da Sani è quello di Downs, vale a dire un modello lineare. Quindi differisce dal modello usato in questa sede. Le conclusioni di Sani sono interessanti perché tendono a sostenere la validità di un approccio spaziale all'analisi del comportamento elettorale e della competizione partitica.Google Scholar

45 Queste due ipotesi corrispondono a due diversi modelli analitici. Sul punto si vedano in particolare, Riker, W. H. e Ordeshook, P. C., in Introduction to Positive Political Theory, cit., pp. 312–322; Rae, D. e Taylor, M., Decision Rules and Policy Outcomes, in «British Journal of Political Science», I (1971), pp. 7190; e D'Alimonte, R., Regola di maggioranza, stabilità e equidistribuzione, cit., spec. pp. 71–75 e 81–103.Google Scholar

46 Questa condizione formale equivale ad assumere che la struttura di preferenze di x sia rappresentabile con una famiglia di «curve di indifferenza», dove per curva di indifferenza si deve intendere l'insieme di punti dello spazio equi-distanti da x. Perché esista una «soglia di defezione», è necessario assumere che esistano queste curve, vale a dire che esistano dei punti equi-distanti dal PCI e dalla DC, tali che x sia indifferente a votare l'uno o l'altro partito. Curve di indifferenza di tipo circolare, come quelle indicate nel grafico della Fig. 3, corrispondono all'ipotesi sub. 1. Ne discende che, se il comportamento di x fosse spiegato da questa ipotesi, x voterebbe PCI dato che la posizione della DC nella Fig. 3 giace su di una curva di indifferenza piú lontana da x. Google Scholar

47 Le elezioni politiche del 1972 sono analizzate ampiamente in Caciagli, M. e Spreafico, A. (a cura di), Un sistema politico alla prova, cit.Google Scholar

48 Sul punto si vedano, D'Alimonte, R., Sulla teoria della democrazia competitiva, cit., pp. 17–22; e Taylor, M., The Problem of Salience in The Theory of Collective Decision-Making, in «Behavioral Science», XVI (1970), pp. 415430.Google Scholar

49 Alberto Marradi suggerisce alcune considerazioni che sembrano avvalorare l'interpretazione lessicografica del voto di un settore dell'elettorato italiano. A proposito degli elettori DC, dice: «le critiche non implicano affatto la scelta di un altro partito: anche fra quelli che rivolgono alla DC pesanti accuse di incapacità e di corruzione, non pochi ammettono di votarla, talvolta adducendo esplicitamente a motivazione la garanzia che essa offre di mantenere la libertà, la tranquillità, o semplicemente lo status quo. In questo diffuso atteggiamento si trova assai probabilmente la chiave dell'inatteso recupero elettorale della DC a spese degli altri partiti di centro e di destra», in Immagini di massa della DC e del PCI, cit.Google Scholar

50 Il punto è ampiamente dimostrato da numerose ricerche sul comportamento politico in Italia, tra le quali: Galli, G. et al., Il comportamento elettorale in Italia, Bologna, Il Mulino, 1968; Poggi, G., Le preferenze politiche degli italiani, Bologna, Il Mulino, 1968; Barnes, S., Italy: Religion and Class in Electoral Behavior , in Rose, R., Electoral Behavior: A Comparative Handbook, cit., pp. 171–225; Sani, G., Fattori determinanti delle preferenze partitiche in Italia, in «Rivista Italiana di Scienza Politica», III (1973), pp. 129144; Sani, G. e Sartori, G., Frammentazione, polarizzazione e cleavages: democrazie facili e difficili, cit., Barnes, S., Representation in Italy, Chicago, The University of Chicago Press, 1977.Google Scholar

51 In un certo senso, il comportamento del PCI, ieri e oggi, avvalora questa ipotesi. La sua politica verso la Chiesa e le frange dissidenti del mondo cattolico non è, tra l'altro, motivata anche dal desiderio di modificare l'immagine di questi elettori in modo da rendere piú facile la penetrazione in aree elettorali finora «riservate» esclusivamente alla DC proprio per l'esistenza di questo fattore lessicografico? Google Scholar

52 È l'indovinato titolo del volume di G. Di Palma, cit.Google Scholar

53 A mio avviso, è a questo tipo di struttura della competizione elettorale che va ricondotta la spiegazione di alcuni fenomeni che hanno caratterizzato e caratterizzano ancora in certa misura il funzionamento del sistema politico italiano. In particolare, mi riferisco al livello elevato di frazionismo intrapartitico e al tipo di produzione legislativa, prevalentemente a carattere disaggregato e microsezionale. Sul primo punto vedi, Sartori, G. (a cura di), Correnti, frazioni e fazioni nei partiti politici italiani, Bologna, Il Mulino, 1973; sul secondo vedi, Di Palma, G., Surviving Without Governing, cit., e Predieri, A., Mediazione e indirizzo politico nel Variamento italiano, in «Rivista Italiana di Scienza Politica», V (1975), pp. 407–441. Tutti questi lavori contengono ampie bibliografie sull'argomento.Google Scholar

54 Sul rapporto tra preferenze partitiche e opinioni sul divorzio vedi, Marradi, A., Analisi del referendum sul divorzio , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», IV (1974), pp. 589644.Google Scholar

55 Su tutti questi punti si vedano le documentate analisi di Sani, G.: Ricambio elettorale e identificazioni partitiche: verso una egemonia delle sinistre? , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», V (1975), pp. 516–544, e Le elezioni degli anni settanta: terremoto o evoluzione?, in «Rivista Italiana di Scienza Politica», VI (1976), pp. 261–288. I mutamenti elettorali di questi anni sono analizzati nelle loro cause e nelle loro implicazioni anche in Parisi, A. e Pasquino, G., 20 Giugno: struttura politica e comportamenti elettorali, in «Il Mulino», maggio-giugno 1976, pp. 342386.Google Scholar

56 Sul punto si vedano le considerazioni svolte da Sartori, G., Il caso italiano: salvare il pluralismo e superare la polarizzazione , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», IV (1974), pp. 675–687. Questo articolo di Sartori è una risposta a Pellicani, L., Verso il superamento del pluralismo polarizzato?, in «Rivista Italiana di Scienza Politica», IV (1974), pp. 645673.Google Scholar

57 Gli esiti dipendono, tra l'altro, da come le élites «gestiranno» la transizione dal pluralismo polarizzato al pluralismo moderato. A questo proposito si vedano le argomentazioni assai equilibrate svolte da Di Palma, G., Destra, sinistra o centro? Sulla legittimazione di partiti e coalizioni nel Sud Europa , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», VIII (1978), pp. 171212.Google Scholar