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COMUNITÀ EUROPEA: DAL CONSENSO PERMISSIVO ALLA PARTECIPAZIONE POLITICA

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

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Introduzione

Pochi ormai sono propensi a sostenere che l'unificazione europea possa realizzarsi in virtú di meccanismi automatici, intrinseci al processo integrativo. Le dottrine funzionaliste e neofunzionaliste, che hanno teorizzato il cosiddetto effetto di spill-over, cioè il « debordamento » dei comportamenti integrativi dagli iniziali settori « funzionali » dell'economia e della tecnica al settore della politica tout court, sono state definitivamente invalidate dall'esperienza storica. Senza risalire fino al « compromesso » di Lussemburgo del gennaio 1966, che ha dato un brusco colpo di freno al processo integrativo, due recenti avvenimenti, il « consiglio europeo » di Roma dell'1 e 2 dicembre 1975 — durante il quale sette delegazioni governative su nove si sono impegnate ad indire le prime elezioni, a suffragio universale e diretto, del Parlamento europeo entro la primavera del 1978 —, e la presentazione del « rapporto Tindemans » sull'Unione europea, stanno a dimostrare che la piú importante, e forse unica, variabile indipendente dell'unificazione a livello internazionale è costituita dalla « volontà politica » quale espressa, dai governi statuali nazionali interessati, in occasione dei « momenti genetici di sopranazionalità ». In altre parole, i fattori decisivi per l'unificazione europea vanno ricercati all'interno dei meccanismi di funzionamento non della Comunità europea, ma del distinto e sopra-ordinato sistema intergovernativo europeo nel quale si è istituzionalizzata la cosiddetta « unione » degli stati costitutori. Le vicende del sistema comunitario europeo, nell'arco dei suoi quasi cinque lustri di vita, confermano puntualmente questa tesi. Pur trattandosi di un processo di unificazione a larghe dimensioni ed organizzato « politicamente », — nel senso che possiede strutture capaci di assegnare, con una certa autonomia, determinati valori sociali vincolanti per i destinatari —, non si è verificato nel suo ambito alcun significativo effetto di debordamento « di scopo » dall'iniziale ventaglio di competenze e poteri ad altri settori, piú decisivi ai fini di una completa unificazione, come quelli della politica estera e della difesa militare. E non si è neppure verificato un significativo debordamento in profondità (spill-over « di livello »), limitatamente agli stessi settori economici: l'unione economica e monetaria, per quanto decisa nel 1971, è ancora di là da venire; nel settore dell'energia nucleare (Euratom), l'unificazione si è addirittura contratta.

Summary

Summary

The author analyses first of all the relationships existing between the supranational system of the «European Community» and the intergovernmental system of the so-called «political cooperation» among the nine member States, paying particular attention to the feeding process of the supranational system. The political system of the European Community appears to be «important» — taking into account what it processes and above all what it could process — both for the territorial — horizontal and the functional — vertical parts of European society: but while regard to the first the system is « closed », obtaining a more permissive consent, with regard to the second section it is « open» from the very beginning and so wins the active consent and specific support of interest groups.

As result of an analysis of the opinion polls carried out so far under the auspices of the Bruxelles Commission, the author infers that the supranational European system has been accepted by European society as a fait accompli and is considered in a rather positive way by public opinion given the objective and subjective importance of the problems that the system takes up.

The «permissiveness» however immediately shows a drop, which is to be interpreted not as a drop in «importance» — the two variables of «permissive consent» and the «importance» of the system turn out to be inversely correlated in their dyachronic —, but in «readiness» to legitimize the system without the activation from within of a process of popular political participation in connection with the redefinition of the «political community» of the European system and above all with a more balanced structure in favour of the processes of horizontal inputs. Although a large majority of people are in favour of a directly elected European Parliament, the image of what the present European Community is to be, is however perceived — at least for the immediate future — as having a double valence: intergovernmental (as far as a European «executive» is concerned) and supranational (in the case of the Parliament).

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Ricerche
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References

1. Cfr. in argomento, tra gli altri: Nye, J. S., Comparing Common Markets: A Revised Neo-Functionalist Model; C Schmitter, Ph., A Revised Theory of Regional Integration ; Haas, E. B., The Study of Regional Integration. Reflections on the Joy and Anguish of Pretheorizing, tutti in «International Organisation», XXIV (1974), rispettivamente pp. 796 ss., pp. 836 ss. e 607 ss.; Hansen, R. D., European Integration: Forward March, Parade Rest, or Dismissed?, in «International Organisation», XXVIII (1973), pp. 225 ss.; Pentland, C. C., Neofunctionalism, in «The Yearbook of World Affairs», 1973, pp. 345 ss.; Cfr. anche Panebianco, A., Studi sull'integrazione sovranazionale, e Gori, U., Teoria dell'integrazione e teoria delle relazioni internazionali, entrambi in «Rivista italiana di Scienza Politica», rispettivamente II (1972), pp. 383–402 e IV (1974), pp. 351–370. Mi permetto altresí di rinviare, per una critica non soltanto alle teorie funzionaliste ma alla «teoria dell'integrazione internazionale» piú in generale, al mio volume Comunità europea e sviluppo politico. Contributo all'analisi del sistema comunitario, Reggio Calabria, Editori Meridionali Riuniti, 1974, pp. 41 ss.Google Scholar

2. Per l'illustrazione dei relativi concetti, in senso critico, v. ancora il mio volume citato nella precedente nota, pp. 62 ss.Google Scholar

3. Sotto il nome di «compromesso» di Lussemburgo vanno le clausole di un accordo sancito dai governi dei sei stati, allora appartenenti alla Comunità, nei giorni 28 e 29 gennaio 1966, al termine di una delle piú gravi crisi istituzionali della Comunità europea, provocata dal governo francese nel giugno 1965 (crisi della «sedia vuota»). A norma di queste clausole, la Commissione, prima che sia adottata una proposta di particolare importanza, deve prendere «opportuni contatti» con i governi degli stati membri attraverso i rappresentanti permanenti (Coreper).Google Scholar

4. Per questi concetti e per una riformulazione della teoria dell'integrazione, v. ancora il mio volume, Comunità europea e sviluppo politico, cit., pp. 136 ss.Google Scholar

5. A questo proposito, è stato correttamente chiarito che le variabili della «specificità funzionale» e della «rilevanza economica» dell'iniziale schema integrativo, ritenute essenziali dalle dottrine neofunzionaliste per l'avvio e lo sviluppo di un qualsiasi processo di unificazione sopranazionale, non costituiscono affatto le variabili indipendenti della cosiddetta integrazione politica: giacché tali variabili, lungi dall'indurre comportamenti di piú ampia e piú profonda integrazione sistemica, sprigionano effetti di adattamento dell'iniziale settore integrativo rispetto al suo ambiente esterno, non già rispetto al piú ampio sistema di appartenenza dei suoi attori principali. Insomma, le variabili di cui si è discorso, inducendo comportamenti autonomi dello specifico e circoscritto settore integrativo, non provocano la diffusione dei modelli di comportamento integrativo ad altri settori, ma consolidano le strutture e il comportamento dell'iniziale settore. Quanto si asserisce è dunque l'opposto delle teorie funzionaliste: cioè, meno un processo integrativo è specifico (cioè circoscritto e specializzato) — quindi, meno esso è «diffuso» —, meno possibilità esso ha di evolversi verso forme di piú ampia e intensa unificazione: v. Caporaso, J. A., Functionalism and Regional Integration: A Logical and Empirical Assessment, London, Sage Publications, 1972.Google Scholar

6. I concetti sono mutuati da Easton, D., A Systems Analysis of Political Life, New York, Wiley, 1965, p. 177.Google Scholar

7. V. in argomento Papisca, A., Comunità europea e sviluppo politico, cit., p. 221 Google Scholar

8. Per un approccio non istituzionalista v. utilmente Lindberg, L. N. e Scheingold, S. A., Europe's Would-Be Polity. Patterns of Change in the European Community, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1970.Google Scholar

9. Per questo approccio, v. autori citati nelle due precedenti note.Google Scholar

10. Kaplan, V., Kaplan, M. A., System and Process in International Politics, New York, Wiley, 1967 (2a ed.), pp. 16 s.Google Scholar

11. Su questo argomento v. Papisca, A., Comunità europea e sviluppo politico, cit., pp. 237 s.Google Scholar

12. È appena il caso di ricordare che, sotto il profilo giuridico-formale, il sistema politico della Comunità europea è ancora disciplinato in base a tre distinti ordinamenti giuridici. Per efficaci precisazioni al riguardo v., tra gli altri, Hallstein, W., Europe in the Making, London, Allen and Unwin, 1972, p. 11.Google Scholar

13. La previsione giuridico-costituzionale di «elezioni europee» è già contenuta nei tre trattati istitutivi della Comunità: v. articoli 21 trattato CECA, 138 trattato CEE, 108 trattato EURATOM.Google Scholar

14. V. in argomento Feld, W. e Wildgen, J. K., Electoral Ambitions and European Integration , in «International Organisation», 1975, n. 29, p. 460 e autori indicati nella nota 27.Google Scholar

15. V. in argomento Papisca, A., Europa '80. Dalla Comunità all'Unione europea, Roma, Bulzoni, 1975, pp. 209 ss.Google Scholar

16. Aron, Secondo R., il fatto che l'Europa — il «progetto Europa» — non riesca a suscitare né entusiasmo né ostilità è la «peggior cosa che possa accadere a un progetto che abbisogna invece sia di avversari che di sostenitori», The Crisis of the European Idea, in «Government and Opposition», XI (1976), p. 10.Google Scholar

17 V. sul punto Meynaud, J. e Sidjanski, D., Les groupes de pression dans la Communauté européenne, Bruxelles, Editions de l'Institut de Sociologie de l'Université Libre, 1971. Per un'efficace impostazione teorica dell'argomento, v. utilmente Averyt, W., Eurogroups, Clientela, and the European Community, in «International Organisation», XXIX (1975), pp. 949 ss.Google Scholar

18. Cfr. Meynaud, J. e Sidjanski, D., op. cit. , p. 403.Google Scholar

19. Averyt, V. W., op. cit. Google Scholar

20. Cfr. Averyt, W., op. cit. , p. 961.Google Scholar

21. Cfr. LaPalombara, J., citato da Averyt, W., op. cit. , p. 956.Google Scholar

22. Ph. Schmitter definisce il corporativismo come «un sistema di rappresentazione degli interessi nel quale le unità costitutive sono organizzate in un limitato numero di singole, vincolanti, non-competitive categorie differenziate funzionalmente e strutturate gerarchicamente, riconosciute o permesse (licensed) — se non proprio create — dallo stato e dotate di un deliberato monopolio rappresentativo nell'ambito delle rispettive categorie in cambio di un certo controllo sulla loro selezione di leaders e sull'articolazione delle domande e dei sostegni», Still the Century of Corporatism? , in «Review of Politics», XXIV (1974), pp. 94 s.Google Scholar

23. Massicci sondaggi d'opinione sono stati realizzati a cura della Commissione della Comunità europea, sotto la guida del suo Consigliere speciale Rabier, J. R., soprattutto a partire dal primo semestre 1968. Dal 1974 viene regolarmente pubblicato, sempre a cura della Commissione, un «Eurobarometro» semestrale con i dati piú significativi sull'evoluzione dell'opinione pubblica nei confronti dell'unificazione europea. Oltre ai quattro «Eurobarometri» fin qui pubblicati, v. della Commissione i seguenti documenti: Les Européens: Oui à l'Europe, 1970; L'opinion des Européens sur les aspects régionaux et agricoles du Marché commun, l'unification politique de l'Europe et l'information du public, 1971; L'Europe vue par les Européens, 1974; Satisfaction et insatisfaction quant aux conditions de vie dans les pays membres de la Communauté européenne, 1974.Google Scholar

Per un trattamento «teoretico» dei dati v. utilmente, tra gli altri, Inglehart, R., An End to European Integration? , in «American Political Science Review», LXI (1967), pp. 91 ss.; e Public Opinion and Regional Integration, in «International Organisation», XXIV (1970), pp. 764 ss.; J. R. Rabier, The European Idea and National Public Opinion, in «Government and Opposition», IV (1969), pp. 443 ss.; da ultimo v., anche per l'ampia bibliografia citata, R. J. Shepherd, Public Opinion and European Integration, Lexington, Saxon House-Lexington Books, 1975. I dati analizzati nel presente lavoro sono in prevalenza ricavati dagli «Eurobarometri», nn. 1, 2, 3 e 4, a cura della Commissione della Comunità europea. I sondaggi sono stati effettuati, col metodo delle «quote», dai seguenti istituti: DIMARSO/INRA (Belgio), GALLUP Markedsanalyse (Danimarca), EMNID Institut (Germania federale), IFOP (Francia), Irish Marketing Surveys (Irlanda), DOXA (Italia), DIMARSO/INRA (Lussemburgo), NIPO (Olanda), The Gallup Poll (Gran Bretagna). In base al sondaggio dell'ottobre-novembre 1975, le unità intervistate risultano cosí distribuite per paese: Belgio (1000), Danimarca (1023), Germania (1002), Francia (1276), Irlanda (998), Italia (1110), Lussemburgo (297), Olanda (1006), Gran Bretagna (1438). Totale: 9.150 unità.Google Scholar

24. Per una analisi di questi aspetti, v. Papisca, A., Comunità europea e sviluppo politico, cit., pp. 235 ss.Google Scholar

25. Il «compromesso» di Lussemburgo del 1966 è un esempio di «restringimento»; il Vertice europeo del 9 e 10 dicembre del 1974 (a Parigi) dichiara nel suo comunicato finale, la piena operatività dell'articolo 235 trattato CEE («Quando un'azione della Comunità risulti necessaria per raggiungere, nel funzionamento del mercato comune, uno degli scopi della Comunità, senza che il presente trattato abbia previsto i poteri d'azione a tal'uopo richiesti, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e dopo aver consultato l'Assemblea (parlamentare), prende le disposizioni del caso»): esempio di «ampliamento».Google Scholar

26. V., a questo proposito, tra gli altri, Scheingold, S. A., Domestic and International Consequences of Regional Integration , in «International Organisation», XXIV (1970), pp. 978 ss.; A. Papisca, Comunità europea e sviluppo politico, cit., pp. 151 ss. e Europa '80. Dalla Comunità all'Unione europea, cit., passim. Google Scholar

27. Sulla tematica generale dello «sviluppo politico», v. per tutti, Pasquino, G., Modernizzazione e sviluppo politico, Bologna, Il Mulino, 1970.Google Scholar

28. Feld, V. W. e Wildgen, J. K., Electoral Ambitions and European Integration, cit., pp. 448 ss. Le 82 unità intervistate risultano cosí distribuite per paese: Belgio-Lussemburgo (7), Danimarca (8), Francia (13), Germania (16), Gran Bretagna (13), Irlanda (6), Italia (12), Olanda (7). Per una presentazione ed una piú specifica analisi del sondaggio effettuato in Italia, degli stessi autori v. Italy and European Unification. Some Preliminary Comments on Elite Attitudes, in «Il Politico», 1974, 2, pp. 335 ss. (in questo secondo lavoro sono riportati i dati riguardanti un parallelo sondaggio sulle elites burocratico-amministrative).Google Scholar

29. Su queste vicende v. la rassegna di Guizzi, V., L'azione del Parlamento italiano in favore dell'elezione a suffragio universale del Parlamento europeo, in AA.VV., Il Parlamento europeo e il problema della sua elezione a suffragio universale, Quaderni della Rivista «Il Politico», n. 11, Milano, Giuffrè, 1973. Affermano Feld e Wildgen (Electoral Ambitions ecc., cit., p. 449): «Quando si osserva il processo di integrazione politica che si è svolto nell'ultimo decennio nella Comunità europea, si rimane colpiti dall'abisso che c'è tra la retorica dei leaders governativi e dei partiti politici da un lato e gli effettivi progressi dell'integrazione dall'altro».Google Scholar

30. Rokkan, V. S., I voti contano, le risorse decidono , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», V (1975), pp. 167 ss.Google Scholar

31. Ibidem, p. 173.Google Scholar

32. La convinzione di Rokkan è che «dal momento in cui la popolazione ha raggiunto un certo livello minimo di fiducia nell'efficacia e nella giustizia del governo territoriale, è improbabile che essa favorisca un trasferimento di autorità sostanziale da questo organismo ad enti posti al di sopra del controllo elettorale diretto», ibidem, p. 173.Google Scholar

33. Per ulteriori riflessioni su questo punto, mi permetto rinviare al mio: Europa '80. Dalla Comunità all'Unione europea, cit., pp. 17 ss. e passim. Un importante contributo in argomento è costituito dal lavoro di Feld, W. J. e Wildgen, J. K., Domestic Political Realities and European Unification: A Study of Mass Publics and Elites in the European Community Countries, di imminente pubblicazione (ringrazio gli autori per il manoscritto cortesemente messo a mia disposizione).Google Scholar