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Personaggi della Pompei sillana
Published online by Cambridge University Press: 09 August 2013
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- Copyright © British School at Rome 1995
References
1 Zevi, F., ‘Pompei dalla città sannitica alla colonia sillana. Per un'interpretazione dei dati archeologici’, in Les élites municipales de l'Italie péninsulaire des Gracques à Néron (Table-ronde CNRS Clermont-Ferrand 28–30 Nov. 1991) (Napoli (Centre J. Bérard), in stampa)Google Scholar, e, nello stesso volume, E. Lo Cascio, ‘Pompei dalla città sannitica alla colonia sillana’.
2 Cfr. Nissen, H., Pompejanische Studien (Leipzig, 1877), 238ssGoogle Scholar. (dove inaspettatamente il contrasto tra gli Osci ellenizzati che, con l' odeion, innalzerebbero un edificio alle Muse, e i coloni, che con l'anfiteatro creano un'arena per la scherma dei bravacci sillani (Fechterspiele), viene ad assumere il simbolico significato di una reazione del rauherer und roherer Westen sull'Ellenismo); Mau, A., Pompeji in Leben und Kunst, seconda edizione (Leipzig, 1908), 161–2Google Scholar; Bieber, M., The History of the Greek and Roman Theater, seconda edizione (Princeton, 1961), 174Google Scholar; ecc. Anche per Castrén, P., ‘Hellenismus und Romanisierung im Pompeji’, in Hellenismus in Mittelitalien (Atti del Colloquio a Göttingen 1974) (= Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften in Göttingen 97 (1976)), 356–62, spec. p. 360Google Scholar, il comportamento dei veterani, a Pompei così pronti ad accettare le realtà locali, si manifesterebbe qui in modo ben diverso che altrove nel corso delle Bürgerkriege. Più in generale, Overbeck, J., Pompeji, quarta edizione (Leipzig, 1884), 154Google Scholar, parla di una destinazione dell'odeion ‘fuer musikalische und kleinere Aufführungen’.
3 Zanker, P., Pompeji (Trierer Winckelmannsprogramme 9) (Mainz, 1988), 19Google Scholar. Cfr. Kockel, V., ‘Im Tode gleich?’, in Römische Gräberstrassen (Colloquio München 1985) (= Abhandlungen der Bayerischen Akademie der Wissenschaften n.F. 96 (1987)), 183–8Google Scholar, spec. 185. Kolb, F., Agorà und Theater, Volks- und Festversammlung (Archäologische Forschungen 9) (Berlin, 1981)Google Scholar, spec. 88ss.; Mitens, K., Teatri greci e teatri ispirati all'architettura greca in Sicilia e nell'Italia meridionale (Analecta Romana Instituti Danici Supplemento 13) (Roma, 1987), 33 e 166–9Google Scholar (i confronti possibili per Pompei si trovano, oltre che a Napoli, in Sicilia); Balty, J.C., Curia ordinis (Mémoires de l'Académie Royale de Belgique 2. s., XV) (1991), spec. pp. 593ssGoogle Scholar. Interessante il piccolo edificio con gradini curvilinei, del diametro di poco più di 10,0 m, scoperto a Taranto: Lippolis, E., in Taras I (1) (1981), 77ss., spec. pp. 103ssGoogle Scholar.
4 Johannowski, W., ‘La situazione in Campania’, in Hellenismus in Mittelitalien (sopra, nota 2), 266–99, spec. p. 272Google Scholar.
5 Spano, G., ‘Osservazioni intorno al theatrum tectum di Pompei’, Annali dell'Istituto Superiore Santa Chiara 1 (1949), 111–39Google Scholar. L'edificio di Tralles viene ora riconosciuto in quello descritto da H. Lauter, in Banner Jahrbücher des Rheinischen Landesmuseums in Bonn und des Vereins von Altertumsfreunden im Rheinlande 171 (1971), 132ss., spec. pp. 134–9Google Scholar: così Tybout, R.A., Aedificiorum figurae (Amsterdam, 1989), spec. pp. 172–3Google Scholar.
6 Zevi, , ‘Pompei dalla città sannitica alla colonia sillana’ (sopra, nota 1)Google Scholar.
7 Come diceva nel secolo precedente il commediografo Titinio (che era probabilmente di Minturnae e quindi in condizione di conoscere situazioni reali: cfr. Rawson, E., Roman Culture and Society (Oxford, 1991), 479Google Scholar): ‘qui Obsce et Volsce fabulantur, nam Latine nesciunt’.
8 Diod. 37, 12 (cfr. Appian, B C 1, 38). Cfr. Rawson, E., ‘Theatrical life in republican Rome and Italy’, Papers of the British School at Rome 53 (1985), 97–113CrossRefGoogle Scholar (= Roman Culture and Society (sopra, nota 7), 97–117), spec. pp. 98–9.
9 Wiseman, T. P., ‘Cicero, pro Sulla 60–1’, Liverpool Classical Monthly 2 (1977), 21–2Google Scholar con cui concorda Castrén, P., ‘Cambiamenti nel gruppo dei notabili municipali’, in Les ‘bourgeoisies’ municipales italiennes aux II et I s. av. J.C. (Actes du colloque — Centre Jean Bérard) (Napoli, 1983), 91–7CrossRefGoogle Scholar. Cfr. anche Sawyer, R.W., An Analysis of the Political, Economic and Social Influence of Select Families of Colonial Pompei (University of Michigan, 1972 (1974)), 172ssGoogle Scholar. L'opinione prevalente corregge ambulatio in ambitio, facendone una endiadi con suffragia (de ambitione ac suffragiis suis; da ultimo Lo Cascio, ‘Pompei dalla città sannitica alla colonia sillana’ (sopra, nota 1); ovvero, mantenendo la lezione dei codici migliori, suppone che ambulatio sia un edificio (portico o simili) usato, in tempo di elezioni, per il raduno delle tribù, e perciò accessibile ai soli votanti, cioè ai coloni: cfr. per esempio, Gatti, C., ‘Sull'ordinamento istituzionale di Pompei’, Atti Centro Studi e Documentazione sull'Italia Romana 6 (1974–1975), 165–78, spec. pp. 175–6Google Scholar.
10 Silvae III, 5, 90Google Scholar.
11 Cfr. la sintetica ma chiara messa a punto di Johannowski, W., ‘I teatri’, in Napoli antica (Catalogo della Mostra, Napoli 1985), spec. p. 209Google Scholar.
12 Cfr. Lo Cascio, ‘Pompei dalla cittá sannitica alla colonia sillana’ (sopra, nota 1); e Zevi, ‘Pompei dalla città sannitica alla colonia sillana’ (sopra, nota 1).
13 Plut. Sulla 2, 2 (cfr. 36, 1, n. 9 bis): ‘(Σύλλας) οὕτω ϕιλοσκώμμονα ϕύσει γεγοέναι λέγουσιν ὥστε νέον μὲν ὄντα καὶ ἄδοξον ἔτι μετὰ μίμων καὶ γελωτοποιῶν διαιτᾶσθαι καὶ συνακολασταίνειν’ (prima dunque del 107, quando rivestì la questura); 2, 3: ‘ὥστε μιμῳδοῖς καὶ ὀρχησταῖς τιθασὸς εἶναι, καὶ πρὸς πᾶσαν ἔντευξιν ὑποχείριος καὶ κατάντης’; cfr. anche 2, 6. E FGH IIA (Berlin, 1926), 90, 74 p. 377Google Scholar = Dam., Nic.apud Athen. VI, 261cGoogle Scholar: Giustamente nota Leppin, H., Histrionen (= Antiquitas 41) (Bonn, 1992), 34Google Scholar, che nel mimo il legame con la lingua materna era imprescindibile per autore e spettatori. In generale: Garton, C., ‘Sulla and the theater’, Phoenix 18 (1964), 137–66CrossRefGoogle Scholar, ripreso dal capitolo ‘The theatrical interests of Sulla’, nel volume Personal Aspects of the Roman Theater (Toronto, 1972), 141–67Google Scholar, ma con più esplicita connessione (pp. 147–8) dell'archimimo Sorice con la colonizzazione sillana di Pompei.
14 Plut., Sulla 36, 1–2Google Scholar: ‘οὗτοι γὰρ οἱ τότε παρ ᾽ αὐτῷ δυνάμενοι μέγιστον ἦσαν, ‛Ρώσκιος ὁ **κωμῳδὸς καὶ Σῶριξ ὁ ἀρχιμῖμος καὶ Μητρόβιος ὁ λυσιῳδός’. Si ricordino, pur senza diretta relazione, anche i due decreti di Silla trovati a Cos, rispettivamente dell'84 e dell'81 a.C., che confermavano previlegi al collegio dei ‘technitai di Dioniso’ ionico-ellespontini, cioè d'Asia: Segre, M., ‘Due lettere di Silla’, Rivista di Filologia e di Istruzione Classica 66 (1938), 253–63Google Scholar (cfr. ora Segre, M., Iscrizioni di Cos I (Roma, 1993)Google Scholar, n. ED7); Sherk, R.K., Roman Documents from the Greek East (Baltimore, 1969)Google Scholar, n. 49 (con foto); Sherk, R.K., Rome and the Greek East to the Death of Augustus (Cambridge, 1984), n. 62CrossRefGoogle Scholar.
15 Plut., Brut. 21, 3Google Scholar.
16 D'Arms, J., Romans on the Bay of Naples (Cambridge Mass., 1970), 204Google Scholar; Rawson, , ‘Theatrical life in republican Rome and Italy’ (sopra, nota 8), 108 e 111Google Scholar. Invece Wiseman, T.P. (‘The wife and children of Romulus’, in Roman Studies (Exeter, 1987), 285–92, spec. p. 291Google Scholar), ritiene che anche Laberio fosse, come Roscio Gallo, di Lanuvio, perché iscritto alla tribù Maecia; e che il Valerius menzionato da Cicerone nel 53 a.C. sia il Catullus mimografo le cui opere si recitavano ancora al tempo di Caligola, e cioè il poeta di Verona: Wiseman, T.P., Catullus and his World (Cambridge, 1985), 192–8Google Scholar.
17 Plin., HN XIX, VI, 23Google Scholar: ‘in theatris tenta umbra fecere, quod velum primus omnium invenit Q. Catulus cum Capitolium dedicaret’: Val. Max. 2, 4, 6. Cfr. Graefe, R., Vela erunt (Mainz, 1979), 4Google Scholar; Rawson, , ‘Theatrical life in republican Rome and Italy’ (sopra, nota 8), 104Google Scholar.
18 Molisani, G., ‘Lucius Cornelius Quinti Catuli architectus’, Rendiconti della Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche dell'Accademia dei Lincei s. 8, XXVI (1971), 41–9Google Scholar (= L'Année Épigraphique (1971), n. 61 (ora CIL I,4 1986, n. 2961Google Scholar).
19 Circa il significato dell'iscrizione dedicatoria dell'anfiteatro, intesa come dichiarazione del superamento delle contrapposizioni tra i due gruppi di cui si componeva la popolazione di Pompei, vecchi abitanti e nuovi coloni, cfr. soprattutto Lo Cascio, ‘Pompei dalla città sannitica alla colonia sillana’ (sopra, nota 1), e Zevi, ‘Pompei dalla città sannitica alla colonia sillana’ (sopra, nota 1); Gehrke, H.J., ‘Zur Gemeindeverfassung von Pompeji’, Hermes 111 (1983), 471–90, spec. p. 489Google Scholar. Si attiene invece alla opinione tradizionale, a proposito di cui ometto l'amplissima bibliografia (iscrizione dell'anfiteatro riferentesi ai coloni in ‘a conscious antithesis’ rispetto ai vecchi Pompeiani, esplicitazione del conflitto in corso), Mouritsen, H., Elections, Magistrates and Municipal Elite (Analecta Romana Instituti Danici Supplemento 15) (Roma, 1988), 88Google Scholar: cfr. anche Castrén, , ‘Cambiamenti nel gruppo dei notabili municipali’ (sopra, nota 9), 92Google Scholar. Si può inoltre ricordare il bollo su tegola CIL X, 6314Google Scholar: Cn. Domitius M. f. Calvinus coloneis dedit, trovato in due esempi a Terracina e Pompei, e del quale non è stata data ancora una esauriente interpretazione: cfr. Steinby, M., ‘La produzione laterizia’, in Zevi, F. (ed.), Pompei 79 (Napoli, 1979), 264–71Google Scholar (qui a p. 268 osservazioni sulla argilla delle tegole di L. Eumachio uguale a quella delle sue anfore).
20 L'iscrizione CIL X, 814Google Scholar = ILS 5198 suona: ‘C. Norbani Soricis secundarum mag. pagi Aug. Felicis Suburbani ex d.d.l.d.’. L'opinione degli studiosi si divide a proposito della interpretazione di mag(istri), nominativo plurale (sarebbero cioè i dedicanti), ovvero genitivo singolare, cioè carica rivestita dallo stesso Sorice. Propendo per la seconda soluzione (come da ultimi la Rawson, , ‘Theatrical life in republican Rome and Italy’ (sopra, nota 8), 112Google Scholar, e il Leppin, , Histrionen (sopra, nota 13), 297)Google Scholar; in generale, cfr. Münzer, F., in Pauly, A., W. Kroll, G. Wissowa e, Real-Encyclopädie der Klassischen Altertumswissenschaft [RE] (1893-)Google Scholar, s.v. ‘Norbanus (Sorix)’, n. 12. Ma, ai nostri fini, resta comunque il fatto che Sorice era in relazione con il pagus e coi suoi magistri, perché doveva possedervi un predio.
21 Cecere, M.G. Granino, ‘Nemi e l'erma di Norbano Sorice’, Atti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia. Rendiconti 61 (1988–1989), 131–51Google Scholar; forse non è necessario ritenere che le erme ritratto inizino solo con i primi decenni del I secolo d.C. (p. 148 n. 6): preferirei pensare, con Wrede, H. (Die Spätantike Galerie von Welschbillig (Römisch-Germanisches Forschungen 32) (Berlin, 1972), 158 n. 153Google Scholar) ad una vorkaiserzeitliche Erfindung. Nessun particolare approfondimento sulla figura di Sorix nella rassegna di Garton, C., ‘A revised register of Augustan actors’, in Aufstieg und Niedergang der Römischen Welt: Geschichte und Kultur Roms im Spiegel der Neueren Forschung II, 30, 1 (Berlin/New York, 1982), 580–609, spec. n. 41 p. 603Google Scholar. Sulla esedra (o ‘votive chamber’) con le statue e le ermeritratto cfr. il bello studio di Poulsen, F., ‘Nemi studies III’, Acta Archaeologica 12 (1941), 1–52, spec. pp. 20–52Google Scholar; per i ritratti a Copenhagen, Poulsen, V., Les portraits romains I (Copenhagen, 1962), nn. 77–84, pp. 112–17Google Scholar. Coarelli, F. (I santuari del Lazio in età repubblicana (Firenze, 1987), spec. pp. 176ss.Google Scholar) collega le erme di attori con il piccolo teatro della villa, probabilmente imperiale, connessa con il santuario. Direi che comunque sia implicita l'idea di una ‘scuola’ di teatro, come mi sembrerebbe potersi dedurre anche dal cognomen Doctus portato dal dedicante, C. Fundilius Doctus, parasitus Apollinis (CIL XIV, 4273Google Scholar: sulle associazioni professionali, Jory, E., ‘Associations of actors in Rome’, Hermes 98 (1970), 224–53)Google Scholar; ad esempio doctus viene definito da Orazio (Ep. II, 1, 82Google Scholar) Q. Roscio Gallo, che aveva impiantato una scuola di teatro (Cic. de Or. I, 254Google Scholar; Macrob., Sat. III, 14Google Scholar, 12; Quint. XI, 71). Sul piccolo teatro del santuario nemorense, in uso tra I secolo a.C. e III d.C., e per il quale si è perfino pensato che ospitasse, ritualizzato, il duello per la successione del rex nemorensis, cfr. da ultimo Ghini, G., ‘La ripresa delle indagini al santuario di Diana a Nemi’, Archeologia Laziale 11 (1993), 282Google Scholar; poteva trattarsi di un teatro coperto come quello di Pompei?
22 Schweitzer, B., Studien zur Bildniskunst der Römischen Republik (Leipzig, 1948), 79ssGoogle Scholar.
23 Come già evidenziato da De Franciscis, A., Il ritratto romano a Pompei (Napoli, 1951), 28, il quale (pp. 27–31Google Scholar) data persuasivamente in età augustea il ritratto di Norbano (cfr. Zanker, P. e Döhl, H., ‘La scultura’ in Zevi, (ed.), Pompei 79 (sopra, nota 19), spec. p. 197)Google Scholar; per la tipologia del monumento Wrede, H., Die Antike Herme (Mainz, 1985), spec. pp. 76ssGoogle Scholar. L'edificio di Eumachia dovrebbe datarsi nella tarda età augustea (anche se alcuni preferiscono una datazione tiberiana): Richardson, L. Jr, ‘Concordia and Concordia Augusta; Rome and Pompeii’, La Parola del Passato 33 (1978), 260–72Google Scholar (imitazione della Porticus Liviae e del Foro d'Augusto); Richardson, L. Jr, Pompeii (Baltimore/Londra, 1988), 194–7Google Scholar; D'Arms, J., ‘Eminence of the Gens Holconia’, in Studia pompeiana and classica in Honor of W. Jashemski I (New York, 1989), 51–9Google Scholar. Gradel, I, ‘Mamia's dedication: emperor and genius. The imperial cult in Italy and the genius coloniae in Pompeii’, Analecta Romana Instituti Danici 20 (1992), 43–58Google Scholar.
24 Granino Cecere, ‘Nemi e l'erma di Norbano Sorice’ (sopra, nota 21).
25 Moretti, A.M. Sgubini, ‘Statue e ritratti onorari da Lucus Feroniae’, Atti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia. Rendiconti 55–7 (1982–1983/1983–1984), 71–109, spec. pp. 79–81Google Scholar, figg. 4–5. Assieme a ritratti di Augusto e di Agrippa e a figure acefale di togati, il gruppo delle statue drappeggiate femminili proviene da un edificio in cui è stato riconosciuto il templum Augusti menzionato in una iscrizione della villa dei Volusii Saturnini, comunque un edificio del culto imperiale. Tuttavia non si può tassativamente escludere che nella ‘galleria’ accanto ai membri della casa regnante figurassero anche i dedicanti privati: in genere, per le trasposizioni in contesto municipale di tipi statuari utilizzati nell'iconografia imperiale, da ultimo si veda per Zanker, Pompei P., Pompei (edizione italiana, Torino, 1993), 99Google Scholar; Muscettola, S. Adamo, ‘I Nigidi Mai di Pompei: far politica tra l'età neroniana e l'età flavia’, Rivista dell'Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell'Arte s. 3, 14–15 (1991–1992), 193–218Google Scholar; il caso di Roselle è esaminato ora da Liverani, P., ‘Il ciclo di ritratti dell'edificio absidato di Bassus a Roselle: iconografia imperiale e glorificazione familiare’, Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts (Röm. Abt.) 101 (1994), 161–73Google Scholar.
Sul tipo della Fundilia di Nemi, ora a Copenhagen, oltre alle tuttora valide osservazioni di Poulsen, ‘Nemi studies III’ (sopra, nota 21), cfr. Bieber, M., Ancient Copies (New York, 1977), 200–1Google Scholar, figg. 827–30; Kleiner, D.E.E., Roman Group Portraiture. The Funerary Reliefs of Late Republic and Early Empire (New York/Londra, 1977), 164ss.Google Scholar; Nista, L., in Giuliano, A. (ed.), Museo Nazionale Romano. Le sculturel, 7 (Roma, 1984), nn. XIV 3 e 5, pp. 495–8Google Scholar, con indicazioni di altre repliche; Frenz, H.G., Römische Grabreliefs in Mittel- und Süditalien (Roma, 1985)Google Scholar, n. 79 tav. 34, n. 86 tav. 37, n. 95 tav. 40; Sinn, F., Vatikanische Museen. Museo Gregoriano Profano, Katalog der Skulpturen, Die Grabdenkmäler I (Roma, 1991), 34ss. n. 12Google Scholar; Kockel, W., Porträtreliefs Stadtrömischer Grabbauten. Ein Beitrag zur Geschichte und zum Verständnis des Spätrepublikanisch-frühkaiserzeitlichen Privatporträts (Mainz, 1993), 26–7Google Scholar e n. 230. Si ritiene in genere che il tipo statuario sia diffuso in età tiberiana, ma, come evidenziato nei lavori citati, il caratteristico gesto appare su stele funerarie, anche di ambiente urbano, fin dall'età augustea iniziale (monumenti irpini e beneventani che lo presentano, in parte inediti, sono raccolti nei lavori di laurea delle dott.sse Antonietta Simonelli e Paola Bagnoli; per due statue al Museo Provinciale di Avellino vedi Ciletti, I., ‘Ricerche sul ritratto romano nell'area irpina’, Atti dell'Accademia Pontaniana. Napoli n.s. 35 (1987), 181–206, spec. pp. 191–5, figg. 4–5)Google Scholar.
26 Leppin, Histrionen (sopra, nota 13), passim.
27 La Rawson, , ‘Theatrical life in republican Rome and Italy’ (sopra, nota 8), 112Google Scholar, rileva che nel Satyricon Trimalcione due volte menziona un Norbano come un candidato alle magistrature nella sua colonia campana, e accenna alla possibilità che il nome si fosse radicato nell'area proprio a seguito di una donazione di terre all'attore amico di Silla, secondo il passo di Ateneo riportato sopra (nota 13).
28 La lex Iulia Municipalis escludeva gli attori dal decurionato e dalle cariche pubbliche: cfr. Leppin, , Histrionen (sopra, nota 13), 71ssGoogle Scholar.
29 Cfr. Zevi, ‘Pompei dalla città sannitica alla colonia sillana’ (sopra, nota 1). A Pompei le assegnazioni dovettero essere per lo più contigue, proprio per assicurare compattezza al corpo dei nuovi coloni. Sappiamo che Cesare effettuò invece assegnazioni sparse per evitare l'espulsione sistematica dei nativi: ‘(veteranis) adsignavit et agros sed non continuos ne quis possessorum expelleretur’ (Suet., Iul. 38Google Scholar).
30 Sawyer, , An Analysis of the Political, Economic and Social Influence of Select Families of Colonial Pompei (sopra, nota 9), 22Google Scholar. Cfr. RE, s.v. ‘Caesius’, n. 16. Discendente certamente dal L. Caesius colono sillano di CIL X, 819Google Scholar (che si riferisce, come noto, alla costruzione delle Terme del Foro) e del programma antiquissimum CIL IV, 3352Google Scholar. Si conosce a Pompei un Caesianum (vinum): CIL IV, 5516Google Scholar, e una Cassia Helpis, ritenuta produttrice di vini (CIL IV, 3789 e 5792Google Scholar). I Caesii erano molto probabilmente di origine umbra.
31 Dalla villa di Boscotrecase provengono bolli laterizi del pupus Agrippa con datazione consolare dell'11 a.C., quindi immediatamente dopo la morte del padre; cfr. Rostovzev, M., The Social and Economic History of the Roman Empire, seconda edizione (Oxford, 1957) II, 552–3Google Scholar n. 31 e 564–5. È estremamente interessante che altri tre esempi dello stesso bollo vengano dalla così detta Caserma dei Gladiatori (Pompei V, 5, 3), che ha pitture di bella qualità e più o meno coeve; si tratta di un'altra proprietà di Agrippa? Le pitture della villa di Boscotrecase appartengono ad un momento del III stile che viene generalmente datato almeno un ventennio più tardi (Bastet, F.L. e De Vos, M., Il terzo stile pompeiano (Gravenhage, 1979), 45ss.Google Scholar) e che già il Blanckenhagen, ma più puntualmente Ling, R. (‘Studius and the beginning of Roman landscape painting’, Journal of Roman Studies 67 (1977), 1–16CrossRefGoogle Scholar) hanno connesso con il pittore Studius e la ‘invenzione’ della pittura di paesaggio.
Sul proprietario della villa, una ipotesi particolare in Lloyd, R.B., ‘The Aqua Virgo, Euripus, and Pons Agrippae’, American Journal of Archaeology 83 (1979), 193–203CrossRefGoogle Scholar.
Pitture di II stile in un peristilio della villa: Notizie degli Scavi di Antichità (1922), 459ss.Google Scholar; Rostovzev, The Social and Economic History of the Roman Empire (sopra); Allroggen-Bedel, A., ‘Die Wanddekorationen der Villen am Golf von Neapel’, in La regione sotterrata dal Vesuvio (Atti del convegno internazionale, novembre 1979) (Napoli, 1982), 519–30, spec. p. 524Google Scholar.
32 Bieber, , The History of the Greek and Roman Theater (sopra, nota 2), 165Google Scholar.
33 FHG III, 416Google Scholar. Bonaria, M., Romani mimi (Roma, 1965), 169ss.Google Scholar, intende che la locuzione τὸν ῾Ρωμαίων στρατεγόν si riferisca in modo puntuale alla pretura di Silla e quindi all'anno 92 a.C.
34 Si ricordi che M. Porcio è sepolto a Pompei, nella tomba monumentale eretta per prima, subito fuori la Porta Ercolano, nella fascia di terreno pubblico lungo il percorso della nuova strada, tracciata con la deduzione coloniaria in direzione di Oplontis: il monumento, a forma di ara, fu eretto decurionum decreto. Le esitazioni sulla cronologia del mausoleo, che traspaiono dalla accurata analisi di Kockel, V. (Die Grabbauten vor dem Herkulaner Tor in Pompeji (Mainz, 1983), 53ss.Google Scholar), risultano ora perfettamente giustificate, perché sondaggi recenti hanno evidenziato una precedente fase del monumento, che dovette essere rifatto a livello superiore a seguito nel nuovo assetto dato alla Porta Ercolano. M. Porcio dovette essere l'ufficiale sillano residente stabilmente a Pompei e perciò incaricato del mantenimento del ‘nuovo ordine’ introdotto con la colonia dei veterani; invece né P. Silla, come è ovvio, né C. Quinzio Valgo (che era un ricchissimo proprietario fondiario in Irpinia) hanno avuto sepoltura in città.
35 Castrén, P., Ordo populusque pompeianus (Acta Instituti Romani Finlandiae 7) (Roma, 1975), 165Google Scholar, definisce gli Eumachii come ‘certainly an old Campanian gens’, ma deve trattarsi di una svista. La connessione tra Eumachii ed Herennii affermata da Gordon, M.L., ‘The Ordo of Pompeii’, Journal of Roman Studies 17 (1927), 165–83, spec. p. 176CrossRefGoogle Scholar, è errata, come mostrato dal Castrén (Ordo populusque pompeianus, pp. 174–5).
36 Cfr. RE, s.v. ‘Eumachos’. Cfr. Jacoby, F., Fragmente der Griechischen Historiker (seconda edizione), III, 178Google Scholar.
37 Gordon, , ‘The Ordo of Pompeii’ (sopra, nota 35), 176Google Scholar. Scettico al riguardo, Castrén, , Ordo populusque pompeianus (sopra, nota 35), 165Google Scholar.
38 È opinione comune che, ove la divinità non sia specificata, si tratti senz'altro di sacerdotesse di Venere, in quanto divinità poliadica della colonia sillana (cfr. Mart. IV, 44, 5: Pompei è detta Veneris Sedes): così Castrén, , Ordo populusque pompeianus (sopra, nota 35), 70ssGoogle Scholar. La Gordon, , ‘The Ordo of Pompeii’ (sopra, nota 35), 176Google Scholar (la segue Eschebach, H., Pompeji (Leipzig, 1978), 38, 65Google Scholar) afferma invece, ma senza fornire motivazioni, che Eumachia era sacerdos Cereris, ciò che ben converrebbe all'idea qui seguita di un'origine napoletana degli Eumachi (a Roma, si ricordi, le sacerdotesse di Cerere provenivano da Napoli o Velia), ma che non sembra giustificato dai dati in nostro possesso. Sul sacerdozio di Cerere e Venere, noto a Cassino, Sulmona, Pompei e Sorrento cfr. Schilling, R., La réligion romaine de Venus (Bibliothèque des Écoles Françaises d'Athènes et de Rome 178) (Paris, 1954), 20Google Scholar; Colonna, G., ‘Sul sacerdozio peligno di Cerere e Venere’, Archeologia Classica 8 (1956), 216–17Google Scholar; bibliografia più recente in Cohon, R., ‘The Soane Reliefs: a goddess in a calyx. The Ara Pacis in pavonazzetto’, Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts (Röm. Abt.) 101 (1994), 87–96Google Scholar.
39 De Caro, S. e D'Ambrosio, A., Un impegno per Pompei (Milano, 1982)Google Scholar, tomba ad esedra 11 OS.
40 Mouritsen, , Elections, Magistrates and Municipal Elite (sopra, nota 19), 104Google Scholar. Si tratta di L. Eumachius Fuscus, edile nel 34 d.C.
41 Steinby, , ‘La produzione laterizia’ (sopra, nota 19), 268–9Google Scholar; suo successore come produttore di tegole sembra essere L. Eumachius Eros, chiaramente un liberto, mentre non sono noti bolli di suoi discendenti su anfore; la differenza può indicare che le consistenze patrimoniali di L. Eumachio presero alla sua morte diverse direzioni. Da ultimo, sul personaggio: van der Werff, J.H., ‘L. Eumachi. A propos d'une marque d'amphore trouvée à Nimègue’, Berichten van de Rijksdienst voor het Oudheidkundig Bodemondezoek 39 (1989), 357–76Google Scholar. Ritrovamenti a Cartagine: Martin-Kilcher, S., ‘Amphoren der Republik und der frühen Kaiserzeit in Carthago’, Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts (Röm. Abt.) 100 (1993), 269–320Google Scholar; in India: Benglay, V., ‘New investigations at the Port of Arikamedu’, Journal of Roman Archaeology 6 (1993), 93–108, spec. p. 102Google Scholar e fig. 9.
42 Tchernia, A., Le vin de l'Italie romaine (Bibliothèque des Écoles Françaises d'Athènes et de Rome 261) (Roma, 1986), 134–5Google Scholar: ‘Ce remplacement ne s'est pas fait d'un coup, et les deux types (le Dr. 1 et le Dr. 2–4 scil.) ont coexisté pendant trois ou quatre décennies’.
43 Hesnard, A. et al. , ‘L'épave Grand-Ribaud D’, Archaeonautica 8 (1988), 57–61CrossRefGoogle Scholar e 145 (inizi dell'ultimo decennio a.C). Sul relitto le anfore di Eumachio sono presenti in piccola quantità rispetto a quelle, più numerose, con il bollo di M. Livi Caustri Sur(us), secondo la lettura di Tchernia, A., ‘Le dromadaire des Peticii et le commerce oriental’, Mélanges de l'Ecole Française de Rome. Antiquité 104 (1992), 293–301CrossRefGoogle Scholar: è questo il solo bollo anforario romano finora trovato in India.
44 Ringrazio Stefano De Caro, soprintendente archeologo di Napoli e Caserta, per avermi comunicato questa inedita notizia, e la dott.ssa Gabriella Gasperetti, ispettrice della Soprintendenza, cui si deve la importante scoperta e che dirige lo scavo ancora in corso.
45 Arthur, P., ‘Produzione ceramica e Agro Falerno’, in Guadagno, G. (ed.), Storia, economia e architettura nell'ager Falernus (Minturno, 1987), 59–70Google Scholar; Arthur, P., Romans in Northern Campania. Settlement and Land-use around the Massico and the Garigliano Basin (Archaeological Monograph of the British School at Rome 1) (Londra, 1991), 67, 74 etc.Google Scholar; Arthur, P., ‘Territories, wine and wealth: Suessa Aurunca, Sinuessa, Minturnae and the Ager Falernus’, in Barker, G. e Lloyd, J. (edd.), Roman Landscapes: Archaeological Survey in the Mediterranean Region (Archaeological Monograph of the British School at Rome 2) (Londra, 1991), 153–9Google Scholar. Si tratterebbe del senatore --- Quadratus Maesianus Celsus, di cui è noto l'inizio del cursus come questore urbano. Il personaggio non è datato con esattezza: cfr. Cebeillac-Gervasoni, M. (‘Ascesa al senato e rapporti con i territori di origine: Italia: Regio I (Campania: la zona di Capua e Cales)’, in Epigrafia e ordine senatorio II (= Tituli 5) (Roma, 1982), 59–99, spec. pp. 67 e 98)Google Scholar. Da ultimo, A. Tchernia, ‘Maesianus Celsus et Caedicia Victrix sur des amphores de Campanie’, in Les élites municipales de l'Italie péninsulaire des Gracques à Néron (sopra, nota 1). A Cales, la produzione delle Dressel 2–4 (Morel, J.-P., ‘Un atelier d'amphores Dr. 2/4 à Cales’, in Amphores romaines et histoire économique. Dix ans de recherche (Actes du colloque à Sienne, 1986) (Collection de l'École Française de Rome 114) (Roma, 1989), 558–9)Google Scholar non sembra anteriore all'inizio dell'impero.
46 Empereur, J.-Y. e Hesnard, A., ‘Les amphores héllenistiques’, in Ceramiques héllenistiques, grecques et romaines II (Paris, 1987), 9–71, spec. pp. 36ss.Google Scholar: i bolli sono Vehili, Felix/Pulli, Caritoni, M. Arpini. Sottolineano gli autori che, a parte la data consolare del 35 a.C. iscritta su un'anfora di Pompei (Tchernia, , ‘Le dromadaire des Peticii et le commerce oriental’ (sopra, nota 43), 134Google Scholar) e l'anfora di P. Veveius Papus (vedi nota seguente), non sono noti in occidente altri esempi di Dressel 2–4 preaugustee. Cipriano, M.T. e Carre, M.B., ‘Production et typologie des amphores sur la côte adriatique de l'Italie’, in Amphores romaines et histoire économique (sopra, nota 45), 67–104, spec. p. 70Google Scholar, segnalano altresì a Delo anfore Dressel 2–4 intere con bolli della fornace di Giancola presso Brindisi. Tuttavia, di queste mi pare non parlino Palazzo, P., ‘Aspetti tipologici della produzione di anfore brindisine’, in La Puglia in età repubblicana (Atti del I convegno di studi di Puglia romana, Mesagne, 1986) (Galatina, 1988), 109–17Google Scholar; e Manacorda, D., ‘Le fornaci di Visellio e Brindisi’, Vetera Christianorum 27 (1990), 375–415Google Scholar. Le poche Dressel 2–4 finora trovate a Giancola appartengono ad una fase tarda della produzione, posteriore all'attività di Visellius, coi bolli di Marcio Saturnino e di Oct(avius ?), e forse già della iniziale età augustea: Manacorda, D., ‘Produzione agricola, produzione ceramica e proprietà della terra nella Calabria romana tra repubblica e impero’, in Epigrafia della produzione e della distribuzione (Collection de l'École Française de Rome 193) (Roma, 1994 (in stampa))Google Scholar. L'insieme dei bolli brindisini è presentato da Desy, P., Les timbres amphoriques de l'Apulie républicaine (British Archaeological Reports, International Series 554) (Oxford, 1989), 146–9, nn. 1138–61, e pp. 13–14Google Scholar.
47 Hesnard, A., ‘Note sur un atelier d'amphores Dr. 1 et Dr. 2–4 près de Terracine’, Mélanges de l'Ecole Française de Rome. Antiquité 89 (1977), 157–68CrossRefGoogle Scholar: il bollo è impresso con lo stesso punzone che timbra le Dressel 1B del relitto di Giens (Tchernia, A. et al. L'épave … de la mandrague de Giens (Gallia Supplement 34) (Paris, 1978), passim)Google Scholar, la cui datazione, al 50 a.C., si tende ora a rialzare al 60, se non al 70 a.C. (Tchernia, , Le vin de l'Italie romaine (sopra, nota 42), 135Google Scholar: esso costituirebbe evidentemente un terminus post quem per l'inizio della produzione delle Dressel 2–4 di Veveio Papo, di cui non conoscono ancora, peraltro, esemplari fuori della figlina. Più recentemente è stato individuato lo stesso bollo su anse a sezione circolare di anfore del tipo ‘ovoide repubblicano’ a Sala in Marocco (assieme a materiali della seconda metà del I secolo a.C., ma non in contesto chiuso) e ad Alessandria: cfr. Boube, J., ‘Un timbre … de P. Veveius Papus’, Bulletin d'Archéologie Marocaine 16 (1985–1986), 401–4Google Scholar; e Empereur, e Hesnard, , ‘Les amphores héllenistiques’ (sopra, nota 46), 35Google Scholar. Come noto, ad Astura si conosce una fornace che produceva anfore dello stesso tipo, e da ultimo Lafon, X. (‘L'huile en Italie centrale à l'époque républicaine: una production sous-estimée’, in Actes du symposium international à Aix-Toulon, 20–22/XI/1991 (Bulletin de Correspondance Hellénique Supplément 26) (Paris, 1993), 263–81)Google Scholar ha raccolto le attestazioni della produzione olearia nella regione di Roma tra II e I secolo a.C.
48 Ad esempio, Hesnard, , ‘Note sur un atelier d'amphores Dr. 1 et Dr. 2–4 près de Terracine’ (sopra, nota 47), 162, nota 28Google Scholar; Panella, C., ‘La produzione e i mercati’, in Società romana e produzione schiavistica II (Bari, 1981), 55–80, spec. p. 59Google Scholar. Diversa, e sotto certi riguardi anticipatrice, la posizione di Manacorda, D., ‘Produzione agricola, produzione ceramica e proprietari nell'ager cosanus nel I a.C.’, in Società romana e produzione schiavistica II (Bari, 1981), 3–54, spec. p. 25Google Scholar. Ben formulata la proposizione in Tchernia, , Le vin de l'Italie romaine (sopra, nota 42), 135Google Scholar (‘encore, faudrait-il… démontrer… que l'adoption d'un type nouveau était la condition de la création d'un récipient plus efficace’) che suggerisce un legame con ‘le mode d'empilement dans le bateau’.
49 Tchernia, A., ‘Amphores et textes: deux exemples’, in Recherches sur les amphores grecques (Actes du colloque international CNRS, Athènes, 10–12/9/1984) (Bulletin de Correspondance Hellénique Supplément 13) (Paris, 1986), 31–6Google Scholar.
50 Zevi, F., ‘Introduzione’, in Amphores romaines et histoire économique (sopra, nota 45), 3–15, spec. p. 14Google Scholar. Una lettura delle forme d'anfora nel senso funzionale a esigenze di trasporto in Lequement, R., ‘La mer et ses rapports avec l'homme méditerranéen: l'apport de l'archéologie sousmarine’, in Actes du congrès ‘L'homme méditerranéen et la mer’ (Tunis, 1985), 127–37, spec. p. 135Google Scholar, seguito da Manacorda, D., ‘Le anfore dell'Italia repubblicana, aspetti economici e sociali’, in Amphores romaines et histoire économique (sopra, nota 45), 443–67, spec. p. 446Google Scholar.
51 Empereur, e Hesnard, , ‘Les amphores héllenistiques’ (sopra, nota 46), 32Google Scholar.
52 Dessau, H., ‘Gaius Rabirius Postumus’, Hermes 46 (1911), 613–20Google Scholar; cfr. Tchernia, , Le vin de l'Italie romaine (sopra, nota 42), 117, nn. 233–4Google Scholar; Nicolet, C., L'ordre équestre à l'époque républicaine (312–43 a.C.) (Bibliothèque des Écoles Françaises d'Athènes et de Rome 207) I (Paris, 1966), 307 e 360Google Scholar; II (Paris, 1974), 1000–2; D'Arms, J., Commerce and Social Standing in Ancient Rome (Cambridge Mass./Londra, 1981), 27–8CrossRefGoogle Scholar.
53 Manacorda, ‘Le anfore dell'Italia repubblicana’ (sopra, nota 45), figg. 7 (bollo P.SULLA, da Taranto; altre provenienze note su Dressel 2–4 da Lilibeo e da Atene) e 15 (bollo POST CURT, pure da Taranto) alle pp. 452 e 457.
54 Callender, M.H., Roman Amphorae (Londra, 1965)Google Scholar, Postumo Curzio al n. 1371 (Koblenz, Paestum, Siracusa, Taranto): l'ansa di Santa Lucia di Taranto è riprodotta da Manacorda (‘Le anfore dell'Italia repubblicana’ (sopra, nota 45), fig. 15) e sembra una Dressel 1. Un'ansa bifida del Fayum è stata pubblicata da Criscuolo, L., Bolli d'anfora greci e romani. La collezione dell'Università Cattolica di Milano (Bologna, 1982), n. 194, p. 131Google Scholar, che ricorda due altri esempi di Dressel 2–4, ugualmente bollate, al Museo di Alessandria. Pure ad Alessandria André Tchernia mi ha segnalato la presenza di inediti bolli di P. Silla su anse bifide.
55 Lyding-Will, E., ‘Relazione mutue tra le anfore romane’, in Amphores romaines et histoire économique (sopra, nota 45), 297–306Google Scholar. L'autrice ritiene che l'adozione della forma ‘coa’ avesse una relazione con il contenuto, si trattasse cioè di contenitori per vini tipo Kos, come quelli di cui parla Catone.
56 Lyding-Will, , ‘Relazione mutue tra le anfore romane’ (sopra, nota 55), 306Google Scholar.
57 Come osserva Hesnard, A., ‘Imitations et raisonnement archéologique’, in Recherches sur les amphores grecques (sopra, nota 49), 69–79, spec. p. 79Google Scholar: ‘il est paradoxal que la première forme d'amphore qui s'impose à travers tout l'empire comme prototype des amphores à vin fabriquées d'Est en Ouest, et jusqu'à la partie la plus septentrionale des terres romaines, soit grecque …’.
58 ‘Gli Eubei a Cuma, Dedalo e l'Eneide’, Rivista di Filologia e di Istruzione Classica (in stampa). Un accenno già nella conferenza Novità archeologiche in Campania (Tarragona, 1993), 9–12Google Scholar.
59 Shatzman, J., Senatorial Wealth and Roman Politics (Collection Latomus 142) (Bruxelles, 1975), spec. pp. 405 e 415Google Scholar; qui le fonti. Cfr. la sallustiana invettiva in Ciceronem 3, 6; Gelzer, M., Cicero (Wiesbaden, 1969), 108Google Scholar.
60 Non si può escludere ad esempio che la proprietà di Agrippa a Boscotrecase fosse la stessa posseduta un tempo da Cicerone, e pervenuta ad Agrippa con un passaggio intermedio, per esempio dopo esser appartenuta ad Antonio; ma preferirei immaginare altre possibilità, per esempio uno dei predi di P. Silla, che era famoso tra l'altro per essersi arricchito con le proscrizioni (Cic. Off. II, 29Google Scholar; Fam. XV, 19, 3Google Scholar; cfr. Fam. IX, 110, 3 e XV, 17, 2Google Scholar). Cfr. Gruen, E.S., The Last Generation of the Roman Republic (Berkeley, 1974), 132, 172, 219, 283ssGoogle Scholar.
61 L'altra citazione in Plinio di un municipium a Pompei è, infatti, in un contesto assai meno indicativo: Plin., HN XIV, 38Google Scholar; cfr. Weber, W., ‘Entstehung und Rechtstellung der Römischen Gemeinde Pompejis’, Klio 57 (1975), 179ss., spec. p. 198CrossRefGoogle Scholar.
62 Onorato, G., ‘Pompei municipio e colonia romana’, Rendiconti dell'Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, Napoli n.s. 16 (1951), 115–56Google Scholar. Del passo pliniano, in altra prospettiva, ha lungamente discorso Maiuri, A., ‘Fulgur conditum’, Rendiconti dell'Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, Napoli n.s. 21 (1941 (1942)), 53–72Google Scholar. Circa Giulio Ossequente, si vedano nell'utile Lexicon Iulii Obsequentis (a cura di Rocca, S.) (Genova, 1978)Google Scholar, spec. le voci ‘Fulmen’ e ‘Exanimo’.
63 Tra i lavori recenti sull'argomento, si citano Gehrke, H J., ‘Zur Gemeindeverfassung von Pompeji’, Hermes 111 (1983), 471–90Google Scholar; Mouritsen, Elections, Magistrates and Municipal Elite (sopra, nota 19), passim; e Lo Cascio, ‘Pompei dalla città sannitica alla colonia sillana’ (sopra, nota 1). Cfr. anche Castrén, , Ordo populusque pompeianus (sopra, nota 35), spec. pp. 49ssGoogle Scholar.
64 Wiseman, T.P., ‘Lucretius, Catiline and the survival of prophecy’, Ostraka 2 (1992), 275–86, spec. p. 279 (con bibliografia)Google Scholar.
65 Cfr. soprattutto Liebeschuetz, J.H.W.G., Continuity and Change in Roman Religion (Oxford, 1979), spec. pp. 39–54Google Scholar. Cfr. anche Beard, M., ‘Cicero and the divination’, Journal of Roman Studies 76 (1986), 33–46CrossRefGoogle Scholar; Wiseman, ‘Lucretius, Catiline and the survival of prophecy’ (sopra, nota 64); Wiseman, T.P., ‘Dis invitis. A note on Catullus and the gods’, in Hommage à M. Renard (Collection Latomus 101) I (Bruxelles, 1969), 778–84Google Scholar.
66 MacBain, B., Prodigies and Expiation: a Study in Religion and Politics in Republican Rome (Collection Latomus 177) (Bruxelles, 1982)Google Scholar (cfr. precedentemente, MacBain, B., The Function of Public Prodigies and their Expiations in Furthering the Aims of Roman Imperialism in Italy in the Period of the Social War (Università di Pennsylvania, 1975))Google Scholar. Per esempio, il racconto di Appiano ‘può suggerire che la disfatta di Carbone nel Norico contro i Cimbri nel 113 sia stata riguardata come una divina punizione per il tradimento di Carbone ai barbari’ (cosi Rawson, , Roman Culture and Society (sopra, nota 7), 155–8Google Scholar, che riporta altri esempi). Per l'usuale intervento degli aruspici in caso di morte per fulmine, cfr. MacBain, , The Function of Public Prodigies, spec. pp. 273ssGoogle Scholar. A Roma, il puteal Scribonianum (che infatti Festo 448 e 450L, in un lemma mutilo, dice fulgur conditum, che semper foramine aperto caelum patet), era presso il tribunale del pretore urbano, e su di esso si prestava giuramento; evidentemente il fulmine doveva colpire lo spergiuro. Cfr. Schilling, R., ‘Iuppiter fulgur. A propos de des lois archaiques’, in Mélanges offerts à P. Boyance (Collection de l'École Française de Rome 22) (Roma, 1974), 681–9Google Scholar.
67 Cfr. ad esempio Gehrke, , ‘Zur Gemeindeverfassung von Pompeji’ (sopra, nota 63), 486Google Scholar.
68 Si vedano soprattutto gli articoli citati a nota 1.
69 Per esempio Jongman, W., The Economy and Society of Pompeii (Dutch Monographs on Ancient History 4) (Amsterdam, 1988), 144Google Scholar; anche Sawyer, , An Analysis of the Political, Economic and Social Influence of Select Families of Colonial Pompei (sopra, nota 9), 172Google Scholar, sulle orme di E. Lepore.
70 La popolazione del centro urbano di Pompei, che Nissen stimava a 20.000 abitanti, e Beloch a 15.000, si fa oggi ammontare a 8–12.000 abitanti: cfr. Eschebach, , Pompeji (sopra, nota 38), 6Google Scholar; Castrén, , ‘Hellenismus und Romanisierung im Pompeji’ (sopra, nota 2), 356–62Google Scholar; Jongman, , The Economy and Society of Pompeii (sopra, nota 69), 108ssGoogle Scholar.
71 È il valido argomento di Zanker, , Pompeji (sopra, nota 3), 19Google Scholar.
72 Zevi, ‘Pompei dalla città sannitica alla colonia sillana’ (sopra, nota 1). Diversamente, ad esempio, Castrén, , ‘Hellenismus und Romanisierung im Pompeji’ (sopra, nota 2), 358Google Scholar; più dubitativo Kockel, , ‘Im Tode gleich?’ (sopra, nota 3), 185, n. 25Google Scholar. Vale comunque la pena di tener presenti le acute notazioni di Lehmann-Hartleben, K., Baugeschichtliche Untersuchungen am Stadtrand von Pompeji (Berlin/Leipzig, 1936), spec. p. 176Google Scholar, sull'edilizia privata di avanzata età repubblicana rispetto a quella del periodo del tufo; nonché sulla attribuzione ai veterani sillani delle case sul ciglione della collina, prossime al Foro e al Tempio di Venere (p. 178).
73 Deniaux, E., ‘A propos des Herennii de la république et de l'époque d'Auguste’, Mélanges de l'Ecole Française de Rome. Antiquité 91 (1979), 623–50CrossRefGoogle Scholar. Poco aggiungono Devijer, H. e van Wonterghem, F., ‘Die Inschriften in Alba Fucens und die Gens Herennia’, L'Antiquité Classique 50 (1981), 242–57CrossRefGoogle Scholar. Un M. Herennius in una iscrizione recentemente ritrovata a Pignataro: L'Année Épigraphique (1988), n. 247.
74 Mouritsen, , Elections, Magistrates and Municipal Elite (sopra, nota 19), 199ss.Google Scholar, n. 314. Si tratta del noto titulo M. HER. IMP., dove l'enigmatico imp. veniva dal Castrén, (Ordo populusque pompeianus (sopra, nota 35), 174)Google Scholar emendato in int. per fame un interrex, conformemente alla sua teoria di un interregnum a Pompei tra 1'89 e 1'80 (cfr. nota seguente). Il Mouritsen (p. 198, n. 285) giustamente sottolinea la difficoltà dell'emendamento proposto, ma il suo suggerimento che possa eventualmente trattarsi di M. Herennius Epidianus (n. 430) mi sembra da scartare. Quanto all'ipotesi ‘nocerina’, pur se alcuni dei personaggi presenti nei programmi dipinti sulle tombe della necropoli potrebbero essere pompeiani (i Clodii, i Vettii, oltre a M. Herennius), è tuttavia vero che nel contesto (cfr. Corte, M. Della, ‘Pompei, iscrizioni scoperte nel quinquennio 1951–1956’, Notizie degli Scavi di Antichità (1958), 77–180) le iscrizioni elettorali di sicura attribuzione (pp. 138–42Google Scholar, nn. 317–43) effettivamente riguardano tutte Nocera.
75 La tomba (6 EN) non è comunque così antica da giustificare l'assegnazione del titolo CIL IV, 9827Google Scholar agli anni 89–80 a.C., secondo la soprariportata ipotesi del Castrén; essa risulta certamente anteriore alla 10 EN, che è augustea e un aspetto forse ancora tardorepubblicano potrebbe esser confermato da tutto l'apparato decorativo e scultoreo in tufo e lava; tuttavia una datazione ‘all'incirca nella stessa età augustea’ è preferita dal suo editore De Caro (De Caro e D'Ambrosio, Un impegno per Pompei (sopra, nota 39)).
76 Come suggerisce Mouritsen, , Elections, Magistrates and Municipal Elite (sopra, nota 19), 210Google Scholar, n. 456, pur affermando di non voler tenere in considerazione i decurioni non altrimenti qualificati, perché non necessariamente ex magistrati.
77 Strocka, V.M., Die Casa del Labirinto (Haüser in Pompeji 5) (Mainz, 1992), spec. pp. 107–15 e 134–6Google Scholar.
78 Diverso naturalmente il caso nel rapporto tra coloni e indigeni non in possesso di uguali diritti, come aweniva precedentemente, e in cui evidentemente si configurava una diversità di diritti tra coloni, abitanti nella città, e indigeni abitanti in campagna, nel senso indicato da Gabba, E., ‘Strutture sociali e politica romana in Italia nel II sec. a.C., in Les ‘bourgeoisies’ municipales italiennes aux II et I s. av. J.C. (sopra, nota 9), 41–5, spec. p. 42Google Scholar, dove mette afuoco alcuni punti già esaminati soprattutto nel fondamentale lavoro ‘Ricerche sull'esercito professionale romano da Mario ad Augusto’, Athenaeum n.s. 29 (1951), 171–272Google Scholar, ristampato in Esercito e società nella tarda repubblica romana (Firenze, 1973), 49–174, spec. pp. 117–42Google Scholar (dove i dati su Pompei sono da rivedere secondo le ricerche più recenti).
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- Cited by