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MOVIMENTI COLLETTIVI E SISTEMA POLITICO

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

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Introduzione

Il termine «movimento» (quali che ne siano gli attributi, sociale o collettivo) non è molto diffuso in scienza politica. Al contrario è di uso corrente nella letteratura sociologica, al punto che la sociologia del comportamento collettivo — incentrata sullo studio dei movimenti sociali e di fenomenologie considerate affini, quali la moda, il panico, la folla — si è costituita come settore consolidato e relativamente autonomo della disciplina1. In Europa la teoria sociologica dei movimenti collettivi ha prodotto contributi originali, anche se non sempre scientifici nel senso proprio della parola, tra i quali sono da ricordare quelli di Alberoni e di Touraine2. Negli ultimi anni, infine, si è andato sviluppando un approccio razionalistico di grande interesse, che studia l'azione collettiva come una particolare modalità di accumulazione e di impiego delle risorse nella contrattazione sociale e politica3.

Type
Saggi
Copyright
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References

1 I testi piú importanti della teoria del comportamento collettivo sono: Blumer, H., Collective Behavior , in Lee, A.M., (ed.), New Outline of the Principles of Sociology, New York, Barnes and Noble, 1951, parte IV; Turner, R.H., Collective Behavior , in Faris, R.E. (ed.), Handbook of Modern Sociology, Chicago, Rand McNally, 1964, Cap. II; Killian, L.M., Social Movements, ibidem, cap. XII; Turner, R.H. e Killian, L.M. (eds.), Collective Behavior, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1957; Smelser, N.J., Il comportamento collettivo, Firenze, Vallecchi, 1968. Per una lettura dei movimenti collettivi in una chiave piú psicologica, vedi Toch, H., The Social Psychology of Social Movements, Indianapolis, Bobbs-Merrill, 1965. Un ottimo saggio, anche di rassegna critica, è quello di Milgram, S. e Toch, H., Collective Behavior: Crowds and Social Movements , in Lindzey, G. ed Aronson, E. (eds.), Handbook of Social Psychology, Reading, Mass., Addison-Wesley, seconda edizione, 1969, vol. quarto, pp. 507–610.Google Scholar
2 Alberoni, F., Statu Nascenti, Bologna, Il Mulino, 1968 e Movimento e istituzioni, Bologna, Il Mulino, 1977. Touraine, A., Le mouvement de Mai ou le communisme utopique, Paris, Seuil, 1968; La società post-industriale, Bologna, Il Mulino, 1970; La produzione della società, Bologna, Il Mulino, 1975; Per la sociologia, Torino, Einaudi, 1978; I nuovi conflitti sociali , in Melucci, A. (a cura di), Movimenti di rivolta, Milano, Etas Libri, 1976, pp. 153–67; La società dipendente, Napoli, Liguori, 1979. L'opera di Touraine ha profondamente influenzato il giovane studioso italiano A. Melucci. Vedi il bel saggio introduttivo a Movimenti di rivolta, cit., L'azione ribelle, Formazione e struttura dei movimenti sociali, pp. 3–666; Sistema politico, partiti e movimenti sociali, Milano, Feltrinelli, 1977; Dieci ipotesi per l'analisi dei nuovi movimenti, in «Quaderni Piacentini», XVII (1978), pp. 3–19.Google Scholar
3 Vedi infra, nota 43.Google Scholar
4 Cfr. Parsons, T., The Political Aspect of Social Structure and Process , in Easton, D., (ed.), Varieties of Political Analysis, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1966, pp. 71113.Google Scholar
5 Vedi, per esempio, i saggi contenuti nella seconda parte dell'antologia di Melucci, , op. cit.; e il bello studio di Gerlach, L.P. e Hine, V.H., People, Power, Change, Indianapolis, Bobbs-Merrill, 1970.Google Scholar
6 Cfr. Almond, G.A. e Powell, G.B., Politica comparata, Bologna, Il Mulino, 1970.Google Scholar
7 La distinzione è molto diffusa. Tra gli altri vedi: Potter, A., Attitude Groups , in «Political Quarterly», XXIX (1958), pp. 7282 e Organized Group in British National Politics, London, Faber and Faber, 1961, cap. I; McKenzie, R.T., Parties, Pressure Groups and the British Political Process, in «Political Quarterly», XXIX (1958), pp. 5–16; Eckstein, H., Pressure Group Politics, London, Allen and Unwin, 1960, pp. 9–10; Finer, S.E., Interest Groups and the Political Process in Great Britain , in Ehrmann, H.W., (ed.), Interest Groups on Four Continents, Pittsburgh, University of Pittsburgh Press, 1958, pp. 117–44; Pym, B.A., Pressure Groups on Moral Issues, in «Political Quarterly», XLIII (1972), pp. 317–27; Castles, F.G., Per un'analisi teoretica dei gruppi dt pressione, in «Controcorrente», VI (1974), pp. 85–102; von Beyme, K., Interessengruppen in der Demokratie, München, Piper, 1969. Per alcune valutazioni circa la difficoltà della distinzione, vedi Meynaud, J., Nouvelles études sur les groups de pression en France, Paris, Colin, 1962 e Wotton, G., I gruppi di interesse, Bologna, Il Mulino, 1975.Google Scholar
8 Heberle, R., Social Movements, New York, Appleton, 1951, p. 9.Google Scholar
9 Eisenstadt, S.N., Modernization, Protest, and Change, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1966, p. 13.Google Scholar
10 In modo simile Lasswell definisce gli interessi «speciali». Lasswell, H.D. e Kaplan, A., Potere e società, Milano, Etas Kompass, 1969, p. 55.Google Scholar
11 Easton, D., Il sistema politico, Milano, Comunità, 1963, pp. 165–69; Truman, D.B., The Governmental Process, New York, Knopf, 1953, pp. 34–35 e passim ; Parsons, T., Il sistema sociale, Milano, Comunità, 1965, pp. 47 e 103–108; Merton, R.K., Teoria e struttura sociale, Bologna, Il Mulino, 1970, vol. secondo, pp. 570–71; Gamson, W.A., Power and Discontent, Homewood, Dorsey Press, 1968, pp. 33–36; Dahrendorf, R., Classi e conflitto di classe nella società industriale, Bari, Laterza, 1971, pp. 286–300.Google Scholar
12 Cfr. Merton, , op. cit. , p. 571.Google Scholar
13 Parsons, , Il sistema sociale, cit., p. 47.Google Scholar
14 «Gli individui rientrano in questi raggruppamenti in conseguenza del possesso di determinate caratteristiche sociali, piú che per uno sforzo comune diretto al conseguimento di obbiettivi collettivi». Easton, , op. cit. , p. 165.Google Scholar
15 I gruppi di solidarietà (solidary groups) «non sono né quasi-gruppi né gruppi di interesse, ma qualcosa che sta in mezzo ai due. Sono insiemi di individui che pensano nei termini degli affetti delle decisioni politiche sull'aggregato e sentono di essere personalmente interessati da quel che capita all'aggregato». Gamson, W.A., op. cit. , p. 35.Google Scholar
16 Dahrendorf, , op. cit. , p. 321.Google Scholar
17 Cfr. Baran, P.A. e Sweezy, P.M., Il capitale monopolistico, Torino, Einaudi, 1968, p. 284. Vedi anche Offe, C., Lo stato nel capitalismo maturo, Milano, Etas Libri, 1977, pp. 127–28, e Miliband, R., Lo stato nella società capitalistica, Bari, Laterza, 1974, p. 58.Google Scholar
18 Cfr. Key, V.O. Jr., Politics, Parties, and Pressure Groups, New York, Crowell, 1959, pp. 82114.Google Scholar
19 Ricordo che la distinzione tra beni divisibili e non-divisibili risale a Samuelson, P.A., The Pure Theory of Public Expenditures , in «Review of Economics and Statistics», XXXVI (1954), pp. 387–89. Vedi anche Tiebout, C.M., A Pure Theory of Local Expenditures , in Greer, S. et al., (eds.), The New Urbanization, New York, St. Martin Press, 1969, pp. 355–66.Google Scholar
20 «Le organizzazioni sociali si muovono in direzione della moltiplicazione e della sofisticazione dei ruoli con una maggiore specializzazione delle funzioni. Negli Stati Uniti i medici specialistici superano attualmente per numero quelli generici». Katz, D. e Kahn, R.L., Le caratteristiche comuni dei sistemi aperti , in Emery, F.E. (a cura di), La teoria dei sistemi, Milano, Angeli, 1974, pp. 95116, p. 110. È naturale che a questo processo si accompagni una tendenza, connessa, di particolarizzazione degli interessi. Del resto, da un lato la nozione di «differenziazione» viene sovente messa in rapporto con quella di «funzione» (Durkheim, E, La divisione del lavoro sociale, Milano, Comunità, 1962, specialmente il libro terzo; Parsons, T. e Smelser, N.J., Economia e società, Milano, Angeli, 1970). Per una breve discussione, anche critica, vedi Buckley, W., Social Stratification and the Functional Theory of Social Differentiation, in «American Sociological Review», XXIII (1958), pp. 369–75. Dall'altro, la tesi tradizionale spiega l'emergenza dei gruppi di interesse puntando precisamente sul concetto funzionalistico di «specializzazione». Cfr. Truman, D.B., op. cit., pp. 52–62. Per una critica vedi il classico saggio di Salisbury, R.H., I gruppi come luogo di scambi , in Fisichella, D. (a cura di), Partiti e gruppi di pressione, Bologna, Il Mulino, 1972, pp. 99–118 e Olson, M.L. Jr., The Logic of Collective Action, Cambridge, Harvard U.P., 1965. Una breve valutazione è contenuta in Jennings, M.K. e Zeigler, H., Interest Representation in School Governance, in H. Hahn (a cura di), People and Politics in Urban Society, Beverly Hills, Sage, 1972, pp. 201–30.Google Scholar
21 Wootton distingue tra i gruppi «centrali», i cui membri o le cui constituencies svolgono funzioni sociali manifeste rilevanti o percepite come tali dai detentori del potere politico, e i gruppi «periferici», con scarsa o nulla rilevanza funzionale. Op. cit., cap. terzo.Google Scholar
22 Tra i gruppi «periferici» Wootton colloca quelli ad appartenenza ascrittiva. I movimenti urbani di lotta per la casa, i trasporti, ecc. vengono ora sovente descritti come connessi con il «consumo» di beni collettivi. Castells, M. et al., Movimenti sociali urbani, Milano, Liguori, li, 1977; Puig, J.O., Il movimento sociale urbano, Napoli, Liguori, 1978.Google Scholar
Cfr. anche la definizione parsonsiana di gruppo etnico come «gruppo definito latamente (diffusely), sociologicamente del tutto diverso dalla collettività che svolgono funzioni specifiche». Parsons, T., Some Theoretical Considerations on the Nature and Trends of Change of Ethnicity , in Glazer, N. e Moynihan, D.P., (eds.), Ethnicity: Theory and Experience, Cambridge and London, Harvard U.P., 1978, pp. 53–83, p. 56.Google Scholar
23 Cfr. le seguenti affermazioni. «Poiché nel sistema di mercato gli imprenditori esercitano funzioni pubbliche, ne consegue che occupazione e prezzi, produzione e crescita, il livello di vita e la sicurezza economica di ciascuno sono nelle loro mani. Di conseguenza, i funzionari di governo non possono essere indifferenti al modo in cui le imprese svolgono le loro funzioni … Perciò una delle funzioni principali del governo consiste nel provvedere affinché gli imprenditori svolgano i loro compiti». Lindblom, C., Politica e mercato, Milano, Etas Libri, 1979, p. 182. «Coloro che lavorano in imprese economicamente marginali, o che svolgono funzioni marginalmente necessarie in imprese importanti, o coloro che sono disoccupati, non svolgono un ruolo dal quale dipendono le istituzioni piú importanti. In effetti, parte dei poveri sono in certi casi talmente isolati dalla partecipazione istituzionale significativa che il solo ‘contributo’ che possono ritirare è quello della loro quiescenza nella vita civile: possono creare disordine». Fox Piven, F. e Cloward, R.A., I movimenti dei poveri, Milano, Feltrinelli, 1980, p. 46. Una risorsa molto importante a disposizione dei gruppi di domanda è l'informazione. Vedi in proposito Bauer, R.A. et al., American Business and Public Policy, New York, Atherton Press, 1963; LaPalombara, J., Clientela e parentela, Milano, Comunità, 1967; Zeigler, H., The Effects of Lobbying: A Comparative Assessment, in «Western Political Quarterly», XXII (1969), pp. 122–40.Google Scholar
24 A contrario Benewick osserva che i nuovi gruppi di protesta comparsi negli anni '60 non possono essere fatti rientrare né tra i gruppi di interesse propriamente detti, e neppure tra i gruppi promotional. Benewick, R., British Pressure Group Politics: The National Council for Civil Liberties , in «The Annals», 413, 1974, pp. 145–57, p. 149.Google Scholar
25 I partiti politici sono gruppi «i cui membri si propongono di agire di concerto nella lotta di concorrenza per il potere politico». Schumpeter, J.A., Capitalismo, socialismo e democrazia, Milano, Comunità, 1955, p. 265. I gruppi di pressione sono organizzazioni che «promuovono i loro interessi mirando a influenzare il governo anziché nominando candidati e ricercando responsabilità politiche». Key, V.O. Jr., op. cit., p. 24. L'accordo su questa distinzione è molto ampio. Solo a titolo di esempio cito: Schattschneider, E.E., Pressure Groups Versus Political Parties, in «The Annals», 259, 1948, pp. 17–23; Bone, H.A., Political Parties and Pressure Group Politics, in «The Annals», 319, 1958, pp. 73–83; Sartori, G., Gruppi di pressione o gruppi di interesse? in «Il Mulino», VIII (1959), pp. 7–42; l'introduzione di Fisichella alla sua citata antologia sopra i gruppi di pressione e i partiti politici, pp. 7–31; Bone, R.C., Action and Organization, New York, Harper and Row, 1972, p. 55; Pasquino, G., I gruppi di pressione, in «Rivista Italiana di Scienza Politica», II (1972), pp. 161–83.Google Scholar
26 Come è noto, la nozione di «senso dell'agire sociale» è uno dei capisaldi della metodologia weberiana. Weber, Max, Economia e società, Milano, Comunità, 1968, vol. primo, parte prima; Alcune categorie della sociologia comprendente, in Il metodo delle scienze storico-sociali, Torino, Einaudi, 1958, pp. 237–307. La concettualizzazione dei «due comportamenti» si ricollega a tutta una tradizione «realistica» della politica che va da Machiavelli a Max Weber (cfr. in particolare La politica come professione , in Weber, Max, Il lavoro intellettuale come professione, Torino, Einaudi, 1966). Indicazioni molto acute in tal senso si trovano in Schumpeter, op. cit. e in Downs, A., An Economic Theory of Democracy, New York, Harper and Row, 1957. Qui mi rifaccio soprattutto alla teorizzazione di Albertini, M., poi ripresa e modificata da Stoppino, M. Albertini, M., La politica e altri saggi, Milano, Giuffrè, 1963; Stoppino, M., Potere politico e stato, Milano, Giuffrè, 1968. Per Pindividuazione del potere come oggetto di orientamento (in senso sociologico e non psicologico) dell'agire politico, vedi Moore, B. Jr., Potere politico e teoria sociale, Milano, Comunità, 1964, p. 21. Sartori invece ritiene che non si dia «in politica un comportamento che abbia caratteristiche di uniformità assimilabili a quelle dei comportamenti morali ed economici». Sartori, G., Cosa è «politica», in «Rivista Italiana di Scienza Politica», II (1972), pp. 3–26, p. 19 (ora anche in Sartori, G., La politica, Milano, Sugarco, 1979, pp. 189–211).Google Scholar
27 Anche il fatto che i gruppi di pressione siano prevalentemente «articolati» e i partiti prevalentemente «aggregatori» della domanda politica si spiega in parte con il loro diverso orientamento verso il potere politico. Vedi ad esempio, Truman, D.B., op. cit., pp. 282–87.Google Scholar
28 Toch, Vedi H., op. cit. e Zygmunt, J.F., Movements and Motives , in «Human Relations», XXV (1972), pp. 449–67. È nota la distinzione tra psicologia e sociologia «comprendente». Cfr. Max Weber, Alcune categorie della sociologia comprendente, cit., p. 244.Google Scholar
29 In pratica tutti gli autori che cito nella nota (1) sono d'accordo nel ravvisare nell'orientamento al cambiamento sociale un tratto cruciale dell'agire dei movimenti collettivi. A essi posso aggiungere, in via del tutto esemplificativa: Wilson, J., Introduction to Social Movements, New York, Basic Books, 1973; Gusfield, J.R., The Study of Social Movements, in International Encyclopedia of the Social Sciences, New York, McMillan - Free Press, 1968, vol 14, pp. 445–52 e Gusfield, , (ed.), Protest, Reform, and Revolt, New York, Wiley, 1970; Baldridge, J.V., Sociology New York, Wiley, 1975; Tallman, I., Passion, Action, and Politics, San Francisco, Freeman, 1976; McLaughlin, B. (ed), Studies in Social Movements, New York, Free Press, 1969; Gerlach, L.P. e Hine, V.H., op. cit. Google Scholar
30 Cfr. Blumer, , op. cit. , p. 212.Google Scholar
31 Cfr. Smelser, , op. cit., capp. IX e X.Google Scholar
32 Cfr. Touraine, , La produzione della società, cit., capitolo sesto. In effetti Touraine qualifica come «movimenti» solamente i movimenti sociali propriamente detti. Melucci, riprendendo sostanzialmente la classificazione del sociologo francese, estende la qualificazione a tutte e tre le condotte tipiche. Melucci, , L'azione ribelle, cit., p. 18.Google Scholar
33 In Smelser il catalizzatore di questa propensione ascendente è la «credenza generalizzata». In Touraine abbiamo a che fare con un concetto meno maneggevole, la «storicità», che trascende il funzionamento della società e della quale i movimenti sono i portatori. Nell'approccio di Alberoni, la spinta a trascendere il «qui e ora» permea tutta quella «esperienza fondamentale» che egli ravvisa come caratteristica dello «stato nascente».Google Scholar
34 Smith, A.D., The Concept of Social Change, London, Routledge and Kegan Paul, 1973, p. 101.Google Scholar
35 Cfr. Stoppino, , Potere politico e stato, cit. Dello stesso autore vedi anche I metodi di ricerca del potere nella comunità locale , in «Il Politico», XXXV (1970), pp. 663–94, e XXXVI (1971), pp. 455–502.Google Scholar
36 Gran parte della scienza politica comportamentista studia soprattutto il processo della politica. Per l'idea di processo in scienza politica, vedi Easton, D., op. cit. Una buona raccolta di studi relativi ai processi decisionali è contenuta in Sidianski, D., (ed.), Political Decision-Making Processes, Amsterdam, Elsevier, 1973.Google Scholar
37 Easton, D., A System Analysis of Political Life, New York, Wiley, 1965, p. 200.Google Scholar
38 Stoppino, , Potere politico e stato, cit., p. 204.Google Scholar
39 Truman, D.B., The American System in Crisis , in «Political Science Quarterly», LXXIV (1959), pp. 481–97, p. 489.Google Scholar
40 La nozione di struttura del potere come fattore di regolazione-esclusione della domanda politica è ormai abbastanza diffusa in scienza politica. Vedi soprattutto Bachrach, P. e Baratz, M.S., Power and Poverty, New York, Oxford U.P., 1969 (ove è riprodotto anche il celebre saggio Two Faces of Power, per la prima volta pubblicato in «American Political Science Review», LVI (1962), pp. 947–52). Per una riformulazione piú recente, e in chiave piú ideologica, vedi Offe, C., op. cit., specialmente le pp. 130–45. Alcune versioni (tra cui quella di Stoppino, I metodi di ricerca del potere nella comunità locale, cit.) affiancano alla funzione di esclusione anche quella di promozione attiva di interessi. Mott, P.E., Power, Authority, and Influence e The Role of the Absentee-Owned Corporation in the Changing Community , in Aiken, M. e Mott, P.E., (eds.), The Structure of Community Power, New York, Random House, 1970, rispettivamente alle pp. 3–16 e 170–79; Hayes, E.C., Power, Structure, and Urban Policy, New York, McGraw-Hill, 1972.Google Scholar
41 I gruppi di interesse anomici sono «irruzioni piú o meno spontanee dalla società nel sistema politico, come i tumulti di piazza e le dimostrazioni». Almond, G.A. e Coleman, J.S., The Politics of Developing Areas, Princeton, Princeton U.P., 1960, p. 34. È chiaro che qui siamo nel campo dei movimenti collettivi, se non in quello delle forme piú elementari di collective behavior. Cit. per esempio la nozione di «scoppio ostile» in Smelser, op. cit., cap. ottavo e quella di «movimento di protesta» in Gusfield, , Protest, Reform, and Revolt, cit., p. 86.Google Scholar
42 Vedi, tra i molti altri, Schattschneider, E.E., op. cit. ; Finer, S.E., op. cit. ; Turner, H.A., How Pressure Groups Operate , in «The Annals», 319, 1958, pp. 6372) Wotton, G., op. cit., p. 89. Del resto è un assunto della teoria dei gruppi che Fazione dei gruppi di pressione non è disruptiva delle strutture esistenti, ma, anzi, funzionale al loro buon operare. Ad. es. si veda Millbrath, L.W., Lobbying as a Communication Process, in «Public Opinion Quarterly», XXIV (1960), pp. 32–53.Google Scholar
43 Cfr. Gamson, , op. cit. ; Tilly, C., Collective Violence in European Perspective , in Graham, H.D. e Gurr, T.R., (eds.), Violence in America, Beverly Hills, Sage, 1979, cap. terzo; Il mutato ruolo della violenza collettiva, in Melucci, , Movimenti di rivolta, cit., pp. 168–72; Revolutions and Collective Violence , in Greenstein, F.I. e Polsby, N.W. (eds.), Handbook of Politica Science, Reading (Mass.), Addison-Wesley, 1975, vol. terzo, pp. 483555; Nieburg, H.L., La violenza politica, Napoli, Guida, 1974; Oberschall, A., Social Conflict and Social Movements, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1973; Pizzorno, A., Scambio politico e identità collettiva nel conflitto di classe , in Crouch, C. e Pizzorno, A. (a cura di), Conflitti in Europa, Milano, Etas Libri, 1977; Stato e forme di governo nella società contemporanea, paper presentato al convegno su «La società industriale metropolitana e i problemi dell'area milanese» del 22–24 giugno 1979; Le due logiche dell'azione di classe , in Martinelli, A. e Pasquino, G. (a cura di), La politica nell'Italia che cambia, Milano, Feltrinelli, 1978, pp. 230–53; Boschken, H.L., The Logic of Protest Action, in «Western Political Quarterly», XXVIII (1975), pp. 59–71. Naturalmente si tratta di approcci anche molto diversi l'uno dall'altro, unificati però da un comune orientamento che li differenzia dagli accostamenti piú tradizionali.Google Scholar
44 Cfr. le seguenti affermazioni. «Uno dei principali problemi dei gruppi partigiani (partisan groups) è la mobilitazione delle risorse. Questo processo è logicamente antecedente l'esercizio dell'influenza: è necessario disporre di risorse utilizzabili prima di entrare nell'agone politico». Gamson, W.A., op. cit. , p. 98. «I conflitti … tenderanno a essere fine a se stessi (e in casi estremi potrà succedere che non verranno presentate rivendicazioni specifiche) e a non dipendere dal processo di negoziazione perché il vero fine da conseguire è il riconoscimento della nuova identità, che è esso stesso non negoziabile, costituendo la premessa di ogni negoziazione». Pizzorno, A., Le due logiche dell'azione di classe, cit., p. 234. «Bisogna sottolineare che lo scopo dell'organizzazione non era l'ottenimento di concessioni da parte dell' «Establishment», ma costruire una base politica dalla quale fosse possibile partire all'assalto della dominante mobilitazione delle preferenze precostituite». Bachrach, P. e Baratz, M.S., op. cit., p. 76.Google Scholar
45 Cosí Easton definisce i «membri politicamente rilevanti» di un sistema politico. A Systems Analysis of Political Life, cit., p. 154. Tilly, , sottolineando maggiormente l'aspetto processuale e di politics (vedi infra), parla di «contendenti» e di «sfidanti». Revolutions and Collective Violence, cit., p. 502.Google Scholar
46 «La nascita di partiti dittatoriali negli stati moderni è una prima avvisaglia di temporale per il sistema politico democratico. A partire da quel momento la disputa tra i partiti riguarda problemi fondamentali e costituisce una lotta su temi radicali». Neumann, S., Elementi per uno studio comparato dei partiti politici, in Sivini, G. (a cura di), Sociologia dei partiti politici, Bologna, Il Mulino, 1971, pp. 143–53, pp. 45. Vedi anche la distinzione fra systemic conflict e issue conflict in LaPalombara, J., Politics within Nations, Englewood Cliffs, Prentice Hall, 1974, cap. 9.Google Scholar
47 Cfr. Graham, G.J. Jr., Consenso e opposizione: una tipologia , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», I (1971), pp. 93121.CrossRefGoogle Scholar
48 Non è questa la sede per esaminare le numerosissime definizioni di rivoluzione. Dico solo che tra le definizioni «minime», per le quali la rivoluzione è la «occupazione» violenta dei ruoli di governo (cfr. Tanter, R. e Midlarsky, M., Una classificazione delle rivoluzioni , in Melucci, , Movimenti di rivolta, cit., pp. 264–67) e quelle molto esigenti, per cui la rivoluzione implica il cambiamento radicale e violento «dei valori e dei miti di una società, delle sue istituzioni politiche, della struttura sociale, della leadership, delle attività e delle politiche di governo» (Huntington, S.P., Ordinamento politico e mutamento sociale, Milano, Angeli, 1975, p. 285), possiamo immaginarne una ragionevolmente bastevole a connotare in base al senso i movimenti rivoluzionari: il cambiamento, violento e radicale, della struttura organizzativa del potere politico.Google Scholar
49 Impiego questa dizione, che non mi soddisfa pienamente, un po' perché il vocabolo «protesta» esprime quel senso di rivolta etica che ci si può aspettare in uomini che si impegnano nel cambiamento dei valori sociali: «Il concetto di protesta si riferisce al sentimento di indignazione morale che si prova in reazione a qualche azione delle autorità di governo», Scoble, H.M. e Wiseberg, L.S., Human Rights and Amnesty International , in «The Annals», 413, 1974, pp. 1126; e un po' perché la letteratura definisce spesso «gruppi di protesta» questi movimenti. Gli usi del termine sono molteplici. Volendo costruire una definizione «media», che accolga gli elementi essenziali della maggior parte delle definizioni e non faccia eccessiva violenza ad alcuna, si può dire che i gruppi di protesta sono caratterizzati nel seguente modo: a) sono svantaggiati dalle regole che governano l'allocazione dei valori sociali, e provano risentimento per ciò senza tuttavia mirare all'abbattimento del regime politico; b) dispongono di risorse contrattuali relativamente scarse; c) interagiscono con il potere politico in modo prevalentemente indiretto (attraverso la mobilitazione del sostegno di gruppi esterni) e non-continuativo. Cfr. Turner, R.H., The Public Perception of Protest, in «American Sociological Review», XXXIV (1969), pp. 815–31; Lipsky, M., Protest as a Political Resource, in «American Political Science Review», LXII (1968), pp. 1144–58 e Protest in City Politics, Chicago, Rand McNally, 1970; Eisinger, P.K., The Conditions of Protest Behavior in American Cities, in «American Political Science Review», LXVII (1973), pp. 11–28; Wilson, J.Q., The Strategy of Protest, in «Journal of Conflict Resolution», III (1961), pp. 291–301; Schumaker, P.D., Policy Responsiveness to Protest-Groups Demands, in «Journal of Politics», XXXVII (1975), pp. 488–521; Jackson, R.J. e Stein, M.B., (eds.), Issues in Comparative Politics, New York, St. Martin Press, 1971, pp. 264–84; Gurr, T.R., Political Protest and Rebellion in the 1960s, in Graham e Gurr, op. cit., cap. secondo; Lang, K. e Lang, G.E., Racial Disturbances as Collective Protest , in Masotti, L.H. e Bowen, D.R. (eds.), Riots and Rebellion, Beverly Hills, Sage, 1968, pp. 121–30. L'uso del termine «protesta» per indicare i sommovimenti non-rivoluzionari è estesissimo. Vedi p.e. i numeri 382, 1969 e 395, 1971, degli «Annals»; e Ashby, L. e Stave, B.M. (eds.), The Discontented Society, Chicago, Rand McNally, McNally, 1972.Google Scholar
50 Per una interessante discussione sulle regole del gioco politico, vedi Bailey, F.G., Per forza o per frode, Roma, Officina, 1975.Google Scholar
51 Questa distinzione presenta qualche punto di contatto con quella, tracciata da Turner e Killian, tra movimenti orientati ai «valori» e movimenti orientati al «controllo» (sottospecie dei movimenti orientati al «potere»), dove però la connessione con il senso dell'agire politico è molto sfumata. In Turner e Killian, infatti, l'orientamento al controllo e l'orientamento ai valori non identificano tipi di comportamenti politici ben qualificati secondo il senso (modificazione delle condizioni che presiedono all'esercizio del e alla lotta per il potere politico; modificazione delle condizioni che presiedono all'influenza sul potere politico e alla produzione di decisioni dotate di certi contenuti); ma piuttosto due diverse preferenze, o propensioni: da un lato una sorta di machtwill, o propensione impositiva, che conduce al sacrificio dei valori-fini e può spingere alla conquista del potere politico, ma anche al suo condizionamento esterno; dall'altro il perseguimento piú limpido ed esplicito di valori-fini, che non necessariamente esclude la conquista e l'esercizio del potere politico. A criteri parzialmente diversi corrispondono, ovviamente, classi che non si sovrappongono del tutto. Per esempio: nella tipologia di Turner e Killian i movimenti «di riforma del governo civile» ricadono nella classe dei movimenti orientati ai valori; mentre nella mia ricadrebbero, verisimilmente, in quella dei movimenti «politici». Turner, R.H. e Killian, L.M., (eds.), op. cit., capp. XV e XVI. La tipologia che propongo mi proviene da un seminario tenuto il 6 giugno 1980 da Mario Stoppino a Pavia. Stoppino allora indicava con l'appellativo di «rivoluzionari» i movimenti che io, ampliando, definisco «politici»; e denominava «collettivi» i movimenti che io chiamo «di protesta».Google Scholar
52 «Ogni tendenza, o trattamento preferenziale, delle priorità e degli interessi di un settore della società … che si strutturi in modo stabile nel tempo ci consente di parlare di ‘struttura dei benefici’, l'aspetto di output della struttura del potere». Hayes, E.C., op. cit. , p. X.Google Scholar
53 Cfr. Le Bon, G., La psicologia delle folle, Milano, Longanesi, 1980. Smelser, N.J., op. cit. Per una critica in questo senso a Smelser, vedi Currie, E. e Skolnick, J., A Critical Note on Conceptions of Collective Behavior, in «The Annals», 391, 1970, pp. 34–45. Vedi anche la risposta di Smelser, , Two Critics in Search of a Bias: A Response to Currie and Skolnick, ibidem, pp. 46–55. Un altro celebre sostenitore del carattere fondamentalmente irrazionale dell'azione collettiva (violenta) è Gurr, T.R., Why Men Rebel, Princeton, Princeton U.P., 1970.Google Scholar
54 Tutti gli autori che si possono fare rientrare nell'approccio del resource management (o della «contrattazione») condividono sostanzialmente questa posizione. Vedi anche la bibliografia citata da Tilly, Collective Violence in European Perspective, cit., nota 37. Naturalmente il concetto di «razionalità» non va inteso nel senso stretto della «deliberazione» o della razionalità «rispetto allo scopo» di Weber («Agisce in maniera razionale rispetto allo scopo colui che orienta il suo agire in base allo scopo, ai mezzi e alle conseguenze concomitanti, misurando razionalmente i mezzi in rapporto agli scopi, gli scopi in rapporto alle conseguenze, ed infine anche i diversi scopi possibili in rapporto reciproco». Economia e società, cit., p. 23). Si tratta piuttosto di un concetto piú ampio di adeguatezza dei mezzi ai fini, che risale a Vilfredo Pareto e allo stesso Weber («razionalità normale»). Pareto, V., Trattato di sociologia generale, Milano, Comunità, 1964, vol. primo, cap. secondo; Weber, Max, Il metodo delle scienze storico-sociali, cit., p. 250. Fondamentali sono i contributi di Boulding, K., Conflict and Defense, New York, Harper, 1962 e Blau, P.M., Exchange and Power in Social Life, New York, Wiley, 1968. Molto buona è la rassegna critica di Pagani, A., La razionalità nel comportamento economico , in Pagani, A. (a cura di), Antologia di scienze sociali, Bologna, Il Mulino, 1963, vol. secondo, pp. 97–148.Google Scholar
55 Il riferimento d'obbligo qui è ad Heller, A., La teoria dei bisogni in Marx, Milano, Feltrinelli, 1978.Google Scholar
56 «… simboli e principi sono per loro natura indivisibili». Oberschall, , op. cit., p. 50.Google Scholar
57 «È la tendenza verso l'assoluto che costituisce il significato essenziale di un ‘diritto’, sia giuridico sia morale». Fuller, L., The Morality of the Law, New Haven, Yale U.P., p. 29. Cit. in Scheingold, S.A., The Politics of Rights, New Haven, Yale U.P., 1974, p. 110.Google Scholar
58 Parlo di decisioni sostantive per distinguerle dalle decisioni dette «costituzionali». Una decisione sostantiva alloca direttamente beni o servizi, distribuendoli o ridistribuendoli tra i membri del sistema politico. Una decisione costituzionale, invece, stabilisce le regole decisionali che verranno impiegate per prendere decisioni future, ed è quindi direttamente «strutturale». Cfr. Buchanan, J.M. e Tullock, G., The Calculus of Consent, Ann Arbor, The University of Michigan Press, 1965; Salisbury, R.H., The Analysis of Public Policy. A Search for Theories and Roles , in Ranney, A., (ed.), Political Science and Public Policy, Chicago, Markham, 1968, pp. 151–75. Boschken osserva acutamente che la logica dell'azione di protesta ha a che fare con la creazione di regole decisionali (e quindi con decisioni costituzionali) piuttosto che con decisioni sostantive. Op. cit. Naturalmente i movimenti di protesta perseguono anche decisioni sostantive. È p.e. stato notato che «… il ruolo del movimento femminista è stato duplice. In primo luogo, esso ha operato come un gruppo di pressione, rappresentando certe classi di donne e sollevandole da particolari situazioni di inferiorità … In secondo luogo, l'ideologia femminista ha dato una giustificazione a queste riforme, contestando l'atteggiamento tradizionale verso le donne nella società». Banks, J.A. e Banks, O., Femminism and Social Change: A Case Study of A Social Movement , in Zollschan, G.K. e Hirsch, W. (eds.), Social Change. Explorations, Diagnoses, and Conjectures, New York, Wiley, 1976, pp. 680–702, p. 683.Google Scholar
59 Cfr. Reilly, T.A. e Sigall, M.W., Political Bargaining, San Francisco, Freeman, 1976, p. 30.Google Scholar
60 Per una breve rassegna rinvio al mio Sistemi politici locali e outputs decisionali: una rassegna , in «Il Politico», XLII (1977), pp. 301–37.Google Scholar
61 Cfr. Alford, R., The Comparative Study of Urban Politics , in Schnore, L.F., e Fagin, H., (eds.), Urban Research and Policy Planning San Francisco, Sage, 1967, pp. 263302.Google Scholar
62 Definizioni puramente attitudinali danno Deutsch, K.W., Politics and Government, Boston, Houghton Mifflin, 1970, p. 167; e Schaefer, G.F., Output e impact delle scelte politiche , in Wiatr, J.J. e Cazzola, F. (a cura di), Partecipazione e sviluppo nella politica locale, Roma, Officina, 1974, pp. 346–74.Google Scholar
63 Eulau sviluppa il concetto di policy in diverse opere. Vedi Eulau, H. e Eyestone, H., Policy Maps of City Councils and Policy Outcomes , in «American Political Science Review», LXII (1968), pp. 124–43; e soprattutto Eulau, H. e Prewitt, K., Labyrinths of Democracy: Adaptations, Linkages, Representation, and Policies in Urban Politics, Indianapolis, Bobbs-Merrill, 1973.Google Scholar
64 La differenza tra i due quadri di riferimento è in sostanza quella tra systems politics e partisan (o allocative) politics. Easton, , A Systems Analysis of Political Life, cit., pp. 472–77.Google Scholar
65 Assumo qui un'area politica prevalentemente «ridistributiva». Lowi, T.J., American Business, Public Policy, Case Studies, and Political Theory , in «World Politics», XVI (1964), pp. 677715.CrossRefGoogle Scholar
66 La letteratura sopra l'incrementalismo è vastissima. Un ottimo studio è quello di Crecine, J.P., Governmental Problem-Solving: A Computer Simulation of Municipal Budgeting, Chicago, Rand McNally, 1969.Google Scholar
67 Cfr. ad es. Eulau, H. e Prewitt, K., op. cit. Sharkanskv esclude dalle routines politiche Fattività dei partiti politici e dei gruppi di pressione, che pure non sono «interamente non-strutturate». Sharkansky, I., The Routines of Politics, New York, Van Nostrand, 1970.Google Scholar
68 La policy in sostanza svolge in qualche misura le funzioni di esclusione e regolazione della domanda che vengono solitamente attribuite alla struttura del potere con denominazioni diverse «non-decisioni», «mobilitazione delle preferenze precostituite», gatekeeping, «strutturazione dell'ambiente», ecc.). Per la «definizione» (o ridefinizione) dei problemi, vedi Crozier, M. e Friedberg, E., Attore sociale e sistema, Milano, Etas Libri, 1978. Cfr. Eulau, H. e Prewitt, K., op. cit., p. 485.Google Scholar
69 Cfr. Stewart, J.D., British Pressure Groups, Oxford, Clarendon Press, 1958.Google Scholar
70 Cfr. Schmitter, P.C., Still the Century of Corporatism?, in «Review of Politics», XXXVI (1974), pp. 85131; e Modes of Interest Intermediation and Models of Societal Change in Western Europe, in «Comparative Political Studies», X (1977), pp. 7–38.Google Scholar
71 Cfr. le seguenti citazioni: «… i forti gruppi di interesse, come quelli che rappresentano il big business, non hanno bisogno di esercitare pubblicamente influenza, in quanto hanno sufficienti ragioni per credere che il governo e il partito al governo non possano permettersi di ignorare i loro interessi». Ishida, T., Interest Groups under a Semipermanent Government Party: The Case of Japan , in «The Annals», 413, 1974, pp. 110, p. 8. «Alcune delle grandi associazioni … dispongono di una influenza strutturale (basic influence) cosí grande da non avere bisogno di mobilitare la propria influenza processuale (variable influence), perché il governo tipicamente anticipa i loro desideri». Elvander, N., Interest Groups in Sweden, ibidem, pp. 27–43, p. 43.Google Scholar
72 Fox Piven e Cloward, , op. cit. , p. 55.Google Scholar
73 Eulau, e Prewitt, , op. cit. , p. 465.Google Scholar
74 Cfr. Homans, G.C., Le forme elementari del comportamento sociale, Milano, Angeli, 1975. Per una interessante applicazione allo studio dei gruppi di pressione, vedi Presthus, A., Elite Accomodation in Canadian Politics, New York, Cambridge U.P., 1973.Google Scholar
75 A proposito dei gruppi di pressione propriamente detti Edelman parla di un «interesse effettivo in risorse tangibili e specificamente identificate». Edelman, M., The Symbolic Uses of Politics, Urbana, University of Illinois Press, 1977 8 , p. 36.Google Scholar